La rubrica “Tutti i Santi giorni” del 10 luglio: le Sante Rufina e Seconda.
Il 10 luglio si commemorano le Sante Rufina e Seconda. Le Sante Rufina e Seconda sono ricordate in numerosi documenti, come il Martirologio Geronimiano, gli Itinerari romani, la Notizia di Guglielmo di Malmesbury; inoltre sono menzionate nel famoso Calendario Marmoreo di Napoli ed infine nel Martirologio Romano. L’antica passio, compilata verso la seconda metà del V secolo, ne colloca il martirio ai tempi di Valeriano e Gallieno, nel 260 ca., e seguendo le narrazioni agiografiche di altre passio di coppie di martiri romani, le due Sante sono presentate come sorelle. Il padre, il senatore Asterio, le aveva promesse in spose a due loro correligionari, Armentario e Verino. Tuttavia, quando l’imperatore Valeriano diede un nuovo impulso alle persecuzioni anticristiane, i giovani rinnegarono la propria fede, invitando anche Rufina e Seconda a farlo. Le ragazze opposero un fermo rifiuto e, denunciate dai fidanzati ad Archesilao, tentarono di fuggire e raggiungere l’Etruria. La loro fuga fu però breve, poiché vennero raggiunte dal prefetto al XIV miglio della Flaminia che le consegnò Gaio Giunio Donato, che da antichi documenti risulta essere ‘praefectus urbis’ nel 257. Questi, dopo averle sottoposte a tortura nel vano tentativo di farle abiurare, le condannò a morte. Le sorelle vennero condotte in un luogo chiamato Silva Nigra, sulla Via Cornelia, al nono miglio da Roma, dove Rufina venne decapitata, mentre Seconda fu percossa fino alla morte. Il luogo, dove poi avvenne anche il martirio dei Santi Marcellino e Pietro, venne ribattezzato Silva Candida. La tradizione narra che la matrona Plautilla, avvertita in sogno della sorte delle due giovani, si recò sul posto per dare degna sepoltura ai corpi delle martiri.
Papa Giulio I, nel IV secolo, fece erigere una basilica sul luogo della sepoltura, elevata nel V secolo a sede episcopale: la diocesi di Selva Candida, o di Santa Rufina, venne unita durante il pontificato di Callisto II) a quella suburbicaria di Porto, prendendo il nome di Sede suburbicaria di Porto-Santa Rufina. Della basilica e del piccolo agglomerato urbano che sorse intorno non rimane nulla, se non dei pavimenti a mosaici ora esposti al Museo dell’Alto Medioevo all’Eur. Nel 1153 il Cardinale Conrado, futuro Papa Anastasio IV, rinvenne sotto l’altare della Basilica restaurata i resti delle due martiri, trasportati poi nel battistero lateranense; le spoglie riposano tuttora in un altare a sinistra dell’atrio, di fronte a quello dei Santi Cipriano e Giustina.
Nell’iconografia, le Sante Rufina e Seconda sono rappresentate sempre in coppia, dalle fattezze giovanili e come attributo ricorre la palma del martirio. Il dipinto più noto che raffigura le Sante è quello conservato nella Pinacoteca di Brera, olio su tela commissionato tra il 1620 e il 1625 da Scipione Toso che volle come autori del quadro – detto per questo “Quadro delle tre mani” – tre artisti, impegnando ciascuno nell’ambito in cui era specializzato. Sono di Giovan Battista Crespi, detto il Cerano, famoso per scene macabre e per gli animali, la figura della Santa Seconda decapitata, il cavaliere, il putto e il cane; di Francesco Mazzucchelli, detto il Morazzone, noto per le scene di battaglia, il carnefice, il soldato e un angelo; di Giulio Cesare Procaccini, abile nella resa patetica dei personaggi, Santa Rufina e l’angelo che la conforta. Nella scena rappresentata, Santa Seconda è stata appena decapitata e il sangue che sgorga dalla sua testa attira un cane già con la lingua penzoloni, trattenuto a stento da un angioletto.