L'Aquila 1927 contro la sentenza choc sul terremoto: Vergogna dello Stato

Le vittime del terremoto dell’Aquila sarebbero state incaute, fa nuovamente discutere la sentenza choc sul sisma del 2009, dopo il pronunciamento della Corte d’Appello che conferma la sentenza di primo grado. L’Aquila 1927 si schiera accanto ai familiari degli studenti morti.

Un grande striscione con un messaggio chiaro era stato condotto in protesta dal popolo rossoblù in occasione della manifestazione di piazza contro la sentenza choc che aveva assegnato una percentuale di colpa alle vittime del sisma 2009. Un’immagine scelta oggi dal club L’Aquila 1927, che torna a manifestare la propria vicinanza ai familiari dei sette studenti scomparsi la notte del 6 aprile, dopo il nuovo pronunciamento, questa volta della Corte d’Appello, che ha confermato il verdetto di primo grado del 2022, sul concorso di colpa delle vittime del sisma.

” ‘Condotta incauta’, colpevoli, quindi, di essersi sentiti rassicurati – scrive il club, prendendo ancora una volta posizione – Oggi, come ieri, diciamo No alla sentenza della Corte d’Appello. Accanto ai familiari dei sette studenti scomparsi il 6 aprile 2009″.

La sentenza

La Corte d’Appello dell’Aquila ha confermato il pronunciamento di primo grado del 2022 che aveva scagionato la Presidenza del Consiglio dei ministri da ogni responsabilità per la morte di sette studenti in vari crolli nel terremoto di circa 15 anni fa. I familiari delle giovani vittime non solo non avranno nessun risarcimento, avendo assunto una “condotta incauta”, ma dovranno anche pagarsi le spese legali, quasi 14 mila euro. Secondo i giudici le cause sono da ricercare nelle decisioni assunte dai ragazzi, assolvendo da ogni colpa, come in primo grado, la Commissione Grandi Rischi che si era riunita all’Aquila il 31 marzo del 2009, cinque giorni prima del tragico sisma, lanciando messaggi rassicuranti.

Sulla vicenda il Tribunale dell’Aquila aveva prima condannato a sei anni i sette scienziati che avevano partecipato alla riunione, per poi assolverli in appello ad eccezione di Bernardo De Bernardinis, l’allora vicecapo della Protezione civile, la cui condanna a due anni è stata confermata anche in Cassazione. De Bernardinis, che aveva presieduto la riunione al posto dell’allora capo della Protezione civile nazionale, Guido Bertolaso, aveva inviato, subito dopo, messaggi rassicuranti che avrebbero indotto gli aquilani a non prendere le misure tradizionali, tra cui quella di uscire di casa dopo una scossa. Contro il pronunciamento della Corte di Appello dell’Aquila è probabile che ci sarà il ricorso in Cassazione.