Sentenza choc terremoto, Cessate di uccidere i morti

La Corte d’Appello conferma la sentenza choc. “Cessate di uccidere i morti”, l’appello di Simona Giannangeli. Vittorini: “Sono disgustato”
La Corte d’Appello conferma la sentenza choc che aveva attribuito una percentuale di colpa alle vittime del sisma: 7 studenti, ragazze e ragazzi, morti sotto le macerie la notte del 6 aprile 2009. Sono ritenuti colpevoli di una “condotta incauta”.
Gli aquilani, però, non ci stanno ed alzano la voce.
“Cessate di uccidere i morti”, è il messaggio lanciato dall’avvocato aquilano Simona Giannangeli, in merito al pronunciamento della Corte d’Appello che ha confermato la sentenza choc di primo grado che aveva visto il Tribunale dell’Aquila riconoscere parte della responsabilità per la loro morte a quelle stesse persone che persero la vita sotto le macerie. Parla di “condotta incauta” da parte delle stesse vittime la Corte d’Appello, che ha anche condannato i familiari a pagare le spese processuali. Inevitabili le reazioni da parte della comunità aquilana nel merito della sentenza choc: ricordiamo che già nel 2022 la popolazione scesa in piazza per protestare contro la prima sentenza.
Alle parole dell’avvocato Giannangeli, fanno eco anche quelle di Vincenzo Vittorini, medico chirurgo che nel terremoto dell’Aquila perse moglie e figlia. “Sentenza scandalosa, figlia di uno Stato incapace di fare Verità e Giustizia e capace di tutelare solo i potenti. Sono profondamente disgustato“. Un intervento netto e deciso, il suo, che accompagna l’appello lanciato alla cittadinanza da Simona Giannangeli, affinché si torni a manifestare: “La mobilitazione è urgente e necessaria“.

La lettera aperta di Simona Giannangeli
“Cessate di uccidere i mortiè il titolo di una poesia di Ungaretti.
È affiorato nella mia mente, quando ho appreso la notizia della sentenza choc pronunciata dalla Corte d’Appello dell’Aquila, due giorni fa, in relazione alla condotta incauta osservata da sette ragazze e ragazzi morti il 6 aprile 2009. Erano all’Aquila per studiare, fiduciosi di costruirsi un futuro fatto di conoscenze e di sapienza. Erano all’Aquila perché l’avevano scelta, con il sostegno delle famiglie. Erano ancora all’Aquila per studiare, per dare l’ultimo esame prima delle vacanze di Pasqua. Erano ancora all’Aquila perché avevano responsabilità verso se stessi.
Cinquantacinque tra studentesse e studenti sono morti il 6 aprile. A distanza di quindici anni, un’altra sentenza ne uccide di nuovo sette. Hanno CONCORSO nella loro morte con le loro condotte. La Presidenza del Consiglio dei Ministri è assolta ancora. I sette giovani invece sono colpevoli”.
“Sono un’avvocata e non ho mai commentato una sentenza, senza prima leggerne le motivazioni poste a fondamento della decisione. Stavolta non posso e non voglio attendere. So che l’applicazione delle norme giuridiche si fonda solo sulla ragione e sulla logica, ponendo fuori in modo assoluto la sfera emotiva. So anche che l’imparzialità e la terzietà sono elementi imprescindibili ed ineludibili dell’attività della magistratura, ma questa sentenza mi sconvolge, mi addolora e mi fa paura. Mi fa paura perché vivo in un paese costellato di terremoti, di frane, di alluvioni, di ponti caduti, di seggiovie crollate, di treni deragliati, di incendi dolosi. Come dovremo comportarci da oggi in poi? In caso di terremoto, per esempio, avremo l’obbligo individuale di scegliere, indovinando, la condotta cauta? Correre in strada, convincere parenti ed amici ad uscire di casa? Per poi farli rientro quando? Dovremo chiederci quale sia la condotta giusta, quella che, in caso dovessimo morire, non ci renderà pure colpevoli della nostra stessa morte.
Sentinelle di noi stesse e di noi stessi….. Lo Stato si spoglia di ogni obbligo e di ogni responsabilità in relazione alla tutela della comunità che governa. È uno Stato che perde in civiltà giuridica, in percezione umana delle cose che accadono, è uno Stato che mi fa paura“.
“Quindici anni fa un manipolo di esperti ci consigliò un bicchiere di Montepulciano per affrontare quei momenti. Oggi una Corte d’Appello afferma che sette tra studentesse e studenti quella notte hanno avuto una responsabilità nel loro essere rimasti sotto le macerie. Chissà se avevano bevuto un po’ di Montepulciano; avrebbe potuto essere un’ulteriore aggravante delle loro già incaute condotte”.
“Sono addolorata e terribilmente preoccupata per ciò che questa sentenza inscrive nell’orizzonte delle responsabilità individuali in qualsiasi caso di calamità, perché da oggi siamo chiamate e chiamati al massimo grado di cautela in caso di catastrofi di ogni genere.
Lo Stato abdica ancora una volta al suo ruolo di garante della vita delle comunità che abitano nei suoi confini e continua ad uccidere chi aveva scelto questa città per disegnarsi un futuro. È necessaria ed urgente la massima mobilitazione.
Dobbiamo di nuovo scendere in piazza e manifestare lo sdegno ed il rifiuto di logiche inaccettabili che ci giudicano colpevoli di essere morti. Cessate di uccidere i morti è rivolta ai superstiti, affinché si sospenda ogni forma di violenza che offenda la memoria dei morti.
Cessate di ucciderli”.
Sentenza choc, le reazioni della politica
La nota del Pd L’Aquila
“Una sentenza, quella della Corte d’appello che ha respinto i ricorsi delle parti civili dei parenti di sette studenti vittime del terremoto 2009, che ci disorienta e sconcerta, riaprendo dolorose ferite e aggiungendo dolore al dolore per chi la notte del 6 aprile 2009 ha perso i propri cari. In pratica i giudici della Corte d’Appello attribuiscono un ‘comportamento incauto’ ai ragazzi rimasti la notta tra il 5 e il 6 aprile nelle loro abitazioni, come se in quei giorni avessero avuto degli elementi per poter valutare il rischio e quindi prevedere l’alta possibilità di un terremoto. Nessuna autorità scientifica o politica invece, diede al tempo elementi che spingessero la popolazione ad uscire di casa. Non vi fu infatti nessuna ordinanza in tal senso, né tantomeno furono messe a disposizione della cittadinanza possibilità materiali alternative alle proprie abitazioni”.
Non era necessario dunque aver ricevuto il messaggio ‘rassicurazionista’ dell’allora vice Capo della Protezione Civile De Bernardinis – che nel giorno della Commissione grandi rischi a cui partecipò il 30 marzo 2009 escludeva la possibilità di un terremoto – per decidere di restare a casa. Affinché le abitazioni fossero evacuate sarebbe stato necessario, da parte delle autorità, dare attivamente un allarme, che però non diedero affatto. Per questo la stragrande maggioranza delle persone quella notte non hanno, legittimamente quanto tragicamente, adottato comportamenti diversi da quelli usuali. Riteniamo dunque non si possa attribuire in alcun modo una ‘condotta incauta’ ai cittadini e le cittadine, tantomeno ai giovani studenti fuori sede oggetto della sentenza in questione. Sembra altresì che la sentenza che ha condannato la Commissione Grandi Rischi nelle persona di De Bernardinis, venga utilizzata ora erroneamente per affermare che, se non si fu da lui rassicurati, allora si sarebbe dovuto provvedere a mettersi in salvo. Un assunto inaccettabile, la verità è un’altra: anche senza che si dimostri il cosiddetto nesso causale della rassicurazione, non può esserci mai una ‘condotta incauta’. Le vittime non hanno colpe. Per questo siamo sempre stati e saremo sempre al fianco dei parenti delle vittime nel chiedere il risarcimento dei danni”.
Il Passo Possibile
Anche stavolta non ci siamo lasciati andare a considerazioni impulsive e precipitose sulla nuova sentenza d’appello sui crolli del sisma 2009, sempre nel dovuto riguardo di chi deve giudicare e, soprattutto, di chi è giudicato. Si dice sempre che le sentenze si rispettano, lo dicemmo anche in occasione del primo grado di giudizio, il cui esito controverso segnò e addolorò profondamente gli aquilani, non potendo accettare l’idea che chi perse la vita quella maledetta notte potesse aver determinato (in questo caso addirittura in modo esclusivo e “senza concorso di colpa”) la propria morte con una condotta incauta per non aver abbandonato l’abitazione (allora si specificò pure “costruita male”!), in previsione della scossa fatale, inutile dire circostanza smentita dalla Scienza e dalle precedenti pronunce sul tema.
Una nuova decisione controversa, nonostante tante altre esattamente contrarie, come quella “pilota” del 2021 in cui venne escluso il concorso di colpa di chi rimase in casa, nello stesso palazzo poi crollato in Via Campo di Fossa, perché non aveva alcun elemento conoscitivo per poter prevedere il susseguirsi di scosse e la loro potenza e quindi decidere di uscire: circostanza che, a confronto con l’ulteriore ultima pronuncia, stride con la realtà dei fatti e, evidentemente, lascia ancora una volta perplessi. D’altronde, torniamo a chiederci come allora, cosa avrebbero dovuto fare precisamente le vittime e quando? Colpa anche di chi è morto sotto le macerie, dunque, nonostante fossero stati più volte rassicurati dalla Grandi Rischi che, fino a prova contraria, “disinnescò” in una parte della popolazione la paura del terremoto e, di conseguenza, le misure di precauzione individuali proprio in occasione di significative scosse di terremoto, indotti di fatto a rimanere nelle proprie abitazioni. Una responsabilità evidente che si è ignorata, di nuovo, con troppa facilità e le famiglie degli studenti deceduti non solo non avranno risarcimenti, ma dovranno pagare anche le spese legali.
Di fronte ai normali sentimenti di incredulità mista a rabbia, amarezza e l’illogicità che questa nuova sentenza ha provocato nella comunità cittadina e i cui esiti hanno avuto ancora una volta un’eco mediatica straordinaria a livello nazionale, ribadiamo la nostra vicinanza ai familiari direttamente coinvolti nel giudizio e un pensiero di cuore e sempre vivo ai tanti che quella notte hanno perso i propri cari.
Foto Ansa