L'aquila

Sentenza choc terremoto, non servono le difese d’ufficio: “Noi genitori abbiamo diritto a una spiegazione”

L'ANM interviene sulla sentenza choc della Corte d'Appello: "Travisate le motivazione, emerge visione distorta". I familiari delle vittime: "Non hanno neanche letto le carte".

L’ANM interviene sulla sentenza choc della Corte d’Appello: “Travisate le motivazione, emerge visione distorta”. I familiari delle vittime: “Non hanno neanche letto le carte”.

Scontro a distanza tra l’ANM e i familiari delle vittime del terremoto 2009 dopo la presa di posizione della Giunta esecutiva distrettuale Abruzzo dell’Associazione nazionale magistrati che ha espresso preoccupazione “per la visione distorta emergente” dagli organi di informazione a commento delle sentenze della sezione civile della Corte d’Appello dell’Aquila n. 790/2024 del 5 giugno e n. 749/2024 del 30 maggio, di rigetto della richiesta di risarcimento danni avanzata dai parenti delle vittime del sisma dell’Aquila, anche riportando tra virgolette, a proposito delle giovani vittime dei crolli, espressioni quali “condotta incauta” e/o “comportamento colpevole” che, evidenzia l’Anm, “non si rinvengono affatto nel testo delle sentenze“. E più in generale a proposito della cosiddetta sentenza choc – sostiene in una nota la Giunta esecutiva distrettuale Abruzzo dell’Anm – “accreditando incredibilmente l’inesistente idea che il disconoscimento della responsabilità della Presidenza del Consiglio dei Ministri nella morte dei giovani sia derivato da un giudizio critico sulla condotta tenuta dai medesimi, giudizio che, invece, è totalmente assente nelle sentenze, travisando completamente le ragioni della motivazione delle decisioni”. Per l’Anm Abruzzo “le decisioni prese dalla Corte d’Appello di L’Aquila, fondandosi su valutazione probatoria dell’istruttoria svolta da un punto di vista oggettivo, non contengono, diversamente da quanto fatto apparire sugli organi di divulgazione mediatica, il minimo giudizio di valore sulla condotta delle vittime, considerato infatti che, contribuendosi a dare una immagine del tutto deformata dell’operato della magistratura aquilana, è stato anche omesso di riferire che, in altri casi analoghi, sulla base di risultanze probatorie diverse, la Corte di Appello ha affermato la responsabilità dei diversi convenuti, condannandoli al risarcimento dei danni in favore dei congiunti delle vittime”. In sostanza “nelle sentenze criticate non è emerso alcun giudizio critico con riferimento alle condotte delle vittime, mentre le conclusioni delle sentenze sono il risultato della valutazione effettuata dai giudici del compendio delle prove raccolto nel processo, le uniche che possono essere considerate ai fini della decisione, e degli oneri probatori che costituiscono le regole a cui il giudice, in applicazione della legge, deve conformarsi”.

Una presa di posizione che non è piaciuta ai familiari delle vittime: “Se l’associazione magistrati si fosse voluta interessare alle vicende dei nostri ragazzi – dice Sergio Bianchi, papà di Nicola, a Il Centro – avrebbe fatto meglio a leggerla, la sentenza, e poi commentarla. Noi siamo persone comuni, loro sono tutti laureati e avrebbero potuto insegnarci qualcosa, ma con i dovuti modi e senza difendere semplicemente il loro gruppo. A sentire le loro parole, non hanno neanche letto le carte. Hanno commentato senza leggere. Dicono di non aver mai criticato il comportamento degli studenti, dicono che non hanno usato l’espressione “condotta incauta”. Eppure io ricordo bene che, in un incidente probatorio nel corso del procedimento, si parlò della condotta colposa di mio figlio. Colposo è più che incauto. Dopo tutto quello che è successo, noi genitori abbiamo diritto, credo, a ricevere spiegazioni su quanto accaduto”.

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