Ragazzina vittima di bullismo in classe, scuola condannata a risarcire i danni

26 luglio 2024 | 08:57
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Ragazzina vittima di bullismo in classe, scuola condannata a risarcire i danni

Bullismo in classe: Corte d’Appello dell’Aquila condanna una scuola a un risarcimento di circa 60 mila euro in favore della vittima e dei suoi genitori.

Un istituto di Pescara è stato condannato per non aver adottato misure incisive finalizzate a salvaguardare una ragazzina vittima di bullismo in classe. “I professori erano perfettamente consapevoli di quei comportamenti, ma hanno sminuito offese umilianti”.

“I professori, perfettamente consapevoli del comportamento di Andrea, responsabile di veri e propri atti di bullismo, non hanno ritenuto opportuno adottare alcuna preventiva e incisiva misura disciplinare idonea a evitare l’insorgenza di una situazione di pericolo o a salvaguardare l’incolumità di Luisa”. Sono stati usati nomi di fantasia, per circostanziare una vicenda e una sentenza che farà “scuola”, emessa dalla Corte d’appello dell’Aquila che ha riconosciuto la responsabilità di una scuola media di Pescara, condannata a risarcire con circa 60 mila euro la vittima di bullismo e i suoi genitori. I giudici di secondo grado, presidente Francesco Salvatore Filocamo, consigliere Silvia Rita Fabrizio e consigliere relatore Marco Bartoli, hanno confermato il pronunciamento di primo grado del tribunale di Pescara.

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La vicenda è venuta a galla quando i genitori della ragazzina vittima di bullismo –  assistiti dall’avvocato Giacomo Cecchinelli – hanno citato in giudizio l’istituto scolastico, denunciando come – nel corso dell’anno scolastico 2014/15 – un ragazzino avesse deriso la figlia all’interno della classe (una terza media), “appellandola, anche dinanzi ai loro compagni, con termini dispregiativi, volgari, a sfondo sessuale e offensivi. Gli episodi sono continuati anche nel corso dei mesi successivi e, al comportamento vessatorio del ragazzo, si sono accompagnate anche le prese in giro dei compagni, fino a quando, nei primi mesi del 2015, la ragazzina ha deciso di recarsi, accompagnata da un’altra studentessa, dal preside, il quale, reso edotto della vicenda, ha convocato separatamente i genitori della ragazza e del ragazzo. A seguito dell’incontro, l’istituto ha adottato nei confronti del ragazzo il provvedimento della sospensione di una settimana, ma, ritenendo questa misura non adeguata, la ragazzina  ha deciso di trasferirsi in un’altra scuola, perdendo l’anno scolastico. A causa degli episodi di bullismo, la ragazza ha cominciato ad accusare disturbi che, oltre a comportare la perdita di venti chili, si sono accompagnati a «stati di ansia e frustrazione, fino a sfociare in patologia psico-fisica, diagnosticata dall’unità operativa di neuropsichiatria infantile di Pescara in ‘disturbo post-traumatico da stress reattivo’ a situazioni di violenza subita e riferita”.

Determinanti, ai fini della condanna, anche le testimonianze dei compagni di classe. Come riporta Il Centro, dagli atti, dice la Corte d’appello dell’Aquila, non emerge alcun elemento che faccia dubitare della credibilità dei testimoni e della genuinità delle loro dichiarazioni, “che appaiono invero preferibili rispetto a quelle rese dai docenti della scuola, soprattutto in considerazione del fatto che provengono da compagni di scuola che, in quanto tali, trascorrevano insieme alla vittima l’intera giornata scolastica e assistevano a tutto ciò che poteva accadere in classe”.

Per i giudici quindi si è raggiunta la prova “che durante l’orario scolastico, dunque nel tempo in cui i minori erano sottoposti alla vigilanza da parte della scuola, la vittima  è stata fatta bersaglio quotidiano e pubblico di offese umilianti, per lo più verbali, da parte del compagno; offese che non meritano di essere ridimensionate a meri sfottò, soprattutto da parte di chi, per il ruolo istituzionale che riveste, ha il dovere di non sminuire, ma di prestare particolare attenzione a determinati atteggiamenti, prevenendoli e ostracizzandoli, viepiù se coinvolgono minori in età adolescenziale”.  Episodi che “costituiscono, per la loro ripetitività e intenzionalità, veri e propri atti di bullismo”.

L’istituto scolastico ha, in ogni caso, respinto le accuse. “A tal riguardo – osservano però i giudici – a nulla rileva l’aver adottato un rigido regolamento scolastico o la sanzione inflitta a carico di Andrea – soltanto dopo che la vittima, dopo mesi di vessazioni, nel febbraio 2015, trovava la forza di informare il preside – in quanto compito dell’istituto era quello di tutelare la minore, adempiendo all’obbligo di controllo e vigilanza prima che si verificasse la situazione di pericolo, e non intervenendo in un momento successivo”.  

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