Editoriale

Sentenza choc sisma, la manifestazione: perchè sulla Giustizia non servono coperte

Per loro, per tutti. La manifestazione di oggi contro l'ultima sentenza choc sul sisma, come quella di due anni fa, non è solo dei familiari delle vittime del 6 aprile 2009. È dell'intera comunità: perchè Verità e Giustizia non hanno bisogno di coperte.

Pagamento delle spese processuali e la responsabilità – la “colpa” – di non essersi messi in salvo, la notte del 6 aprile.

È una coperta pesante, quella che l’ultima delle sentenze choc ha inteso posare sulla vicenda della morte di alcune delle vittime del sisma. È la coperta di cui parla Federico Vittorini, nel chiamare a raccolta la città nella manifestazione di oggi, contro la sentenza choc emessa pochi giorni fa. “Si partecipi in massa, non solo i familiari, per far capire che non passano in secondo piano sentenze del genere, che puntano a gettare una coperta su quello che è successo: come se a 15 anni dal terremoto, non se ne debba più parlare”.

Nell’ultima sentenza, in ordine di tempo, la Corte d’Appello non ha ritenuto provato il nesso causale tra le rassicurazioni della Commissione Grandi Rischi e le azioni degli studenti, motivate – secondo i Giudici – dall’abitudine alle scosse sismiche e dalla necessità di restare in città per laboratori, esami e attività di studio universitario.
L’Università, d’altro canto, lo ricordiamo, era rimasta aperta. La città continuava a vivere, seppure con il cuore in gola, pronta a scappare fuori al minimo movimento della terra. Pronta a segnalare sui social l’avvenuta scossa, a fare previsioni sull’entità: con quell’ironia de “la sci sentita” che aiutava ad esorcizzare la paura, non potendo fare altro. Sentendosi impotenti di fronte a quanto stava accadendo.
E poi c’era “quella“, di previsione: la più sciagurata di tutte, quella che circolava di bocca in bocca, come una speranza comune. Quella che voleva, nella migliore delle ipotesi, che più scosse ci fossero state, più la terra si sarebbe “scaricata”.
L’agire delle vittime, secondo l’ultima sentenza che ha negato il risarcimento e condannato alle spese processuali, è stato definito un “atteggiamento interlocutorio“. Quello che, sui giornali, in sintesi, è stato abbreviato come “condotta incauta”, etichetta che ha suscitato la replica della Giunta esecutiva distrettuale Abruzzo dell’Associazione nazionale magistrati.

Ma, dicevamo, è l’ultima in ordine di tempo. Come un uno – due pugilistico, quasi in contemporanea arrivava la notizia del verdetto anche per un altro crollo, quello di via Campo di Fossa, con il risarcimento negato ai familiari di Ilaria Rambaldi. “Ho l’impressione che si voglia colpire la parte più debole, cioè gli studenti”, ha detto ai nostri microfoni la mamma di Ilaria, l’avvocato Maria Grazia Piccinini. “Riesco a pensare solo una cosa, cioè che ci sia la volontà di mantenersi sulla stessa linea stabilita in precedenza, nel merito della condanna a De Bernardinis, allora vice capo della Protezione Civile. Infatti, benché io ritenga queste sentenze illogiche, probabilmente ci sono alla base delle motivazioni che non appaiono in superficie. Chi rassicurò la popolazione è andato incontro a una condanna lieve, di soli due anni: di conseguenza si tende a sgonfiare questi casi, attribuendo le responsabilità altrove, quindi ai comportamenti delle vittime. Queste cause rigettate, in questo modo, danno più forza alla precedente causa penale che ha assolto 5 dei componenti della Commissione Grandi Rischi. Sono cause coerenti al precedente operato, che tuttavia di coerente non aveva nulla.

Fin dal primo istante, i familiari delle vittime del sisma del 6 aprile 2009, supportati dalla città e non solo, hanno chiesto Verità e Giustizia. Quelle con le iniziali maiuscole, quelle che hanno unito, nella loro ricerca, i familiari delle stragi italiane di questi anni: da quelli del crollo della scuola di San Giuliano di Puglia, passando per la strage di Viareggio, incredibilmente vicina temporalmente al terremoto aquilano,  arrivando a Rigopiano e tante altre. Tutti uniti, in ogni manifestazione: un dolore unico ma condiviso, che in quei giorni aquilani, italiani di immenso dolore, e soprattutto dopo, ha unito ferite diverse e sanguinanti, alla ricerca di Giustizia.

l'aquila 1927 sentenza choc
maglia l'aquila 1927 sentenza choc

In foto, la solidarietà dei tifosi e della squadra dell’Aquila 1927 in occasione della manifestazione del 2022.

Ecco perché la manifestazione di oggi, come quella di due anni fa in occasione di un’altra sentenza choc, non è una manifestazione dei familiari delle vittime del 6 aprile 2009.
Ma è una battaglia comune. Perché le vittime, di qualsiasi tragedia, non vengano colpevolizzate, né a 15 anni di distanza, né mai. Perché a vincere sia la Giustizia, dopo aver accertato la Verità. Perchè sul dolore, sulla Verità e sulla Giustizia non servono coperte.

 

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