La rievocazione

Braccio da Montone condannato a “esecrata memoria”

Il tribunale presieduto dall'avvocato Maria Grazia Lopardi nel ruolo di giudice ha condannato a Barisciano Braccio da Montone. La rievocazione.

“Esecrata memoria”: il tribunale giudicante, maggioranza – giudice Maria Grazia Lopardi – che si è riunito nella sala consiliare di Barisciano, ha condannato Braccio da Montone durante il processo organizzato nel contesto degli eventi per ricordare la figura del condottiero e capitano di ventura 600 anni dopo la battaglia dell’Aquila.

L’evento è stato organizzato dall’Associazione Culturale “Il Sito” di Barisciano, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale. Nel ruolo di Giudice c’era l’avvocato Maria Grazia Lopardi, il Pubblico Ministero era impersonato dall’avvocato Alessandra Lopardi, mentre la difesa era stata affidata all’avvocato Monica Badia. Il processo si riferisce alle vicende accadute il 23 aprile 1424 in occasione della conquista del castello di Barisciano. Tra i difensori di Braccio da Montone c’era il condottiero e capitano di ventura Niccolò Piccinino, impersonato dall’architetto Dino Di Vincenzo.  “È una rievocazione suggestiva e singolare – spiega sentito dal Capoluogo – è la rappresentazione di una battaglia molto cruenta che si è tenuta su una piazza importante. Qui si scontrarono gli eserciti di Braccio da Montone con altri eserciti provenienti dallo Stato pontificio e dal Regno di Napoli”.

processo a braccio da montone

Lo ricordiamo, Niccolò Piccinino partecipò alla battaglia di Roccasecca per poi passare al servizio di Braccio da Montone, all’epoca militante per la Repubblica di Firenze. Alla morte di questi, avvenuta nel 1424, al termine della guerra dell’Aquila, il Piccinino divenne il comandante della compagnia braccesca.“È a tutti gli effetti una causa indifendibile – chiarisce Piccinino/Di Vincenzo – non bisogna però dimenticare le esigenze di 600 anni fa. Era una guerra mercenaria e se non ci fosse stata un’azione militare così forte e tragica, probabilmente anche altri castelli avrebbero avuto l’ardire di ribellarsi a Braccio”. 

processo a braccio da montone

Nonostante la difesa, in ogni caso, per Braccio da Montone non c’è stato niente da fare: ha vinto la tesi dell’accusa, 8 i voti contro e 3 a favore di Braccio. Il giudice Maria Grazia Lopardi lo ha condannato a esecrata memoria. Non a caso il processo si è tenuto a Barisciano. Il paese, all’epoca della battaglia era un castello grande e importante. Per questo motivo Braccio sportò l’assedio che durò varie settimane, quando capitolò solo il 23 aprile. Tra i motivi della condanna le azioni compiute dal condottiero dopo averlo espugnato: distrusse il castello, incendiò la città, imprigionò gli abitanti e li spedì a Teramo come schiavi, mentre le donne vennero portate nell’accampamento dove subirono violenze di ogni genere, tra cui quella di essere portate nude, in processione, insieme ai loro bambini, fino a L’Aquila.

Processo a Braccio da Montone, l’iniziativa a Barisciano

“Abbiamo voluto fortemente questa rievocazione insieme all’associazione culturale Il Sito di Domenica Iusa – spiega il sindaco di Barisciano Fabrizio D’Alessandro un evento, molto partecipato che rientra nelle iniziative portate avanti quest’anno per ricordare il 600′ anniversario della battaglia”.

processo a braccio da montone

La battaglia dell’Aquila – un po’ di storia

Le cause dell’assedio della città dell’Aquila, che ebbe inizio il 12 maggio 1423 e terminò dopo 385 giorni – il 2 giugno del 1424 con la battaglia di Bazzano – vanno ricercate nella lotta per il trono di Napoli, che si trascinava ormai da un anno e che vedeva da una parte la regina titolare Giovanna II, affiancata dal figlio adottivo Alfonso d’Aragona, e dall’altra il ventenne Luigi III d’Angiò. Maggiore alleato di Luigi III era Papa Martino V appoggiato, tra gli altri, dal duca di Sessa Giovanni Antonio Marzano, le cui sorelle Maria ed Angelella avevano sposato rispettivamente il condottiero Muzio Attendolo Sforza e Luigi Camponeschi, conte di Montorio. Naturalmente la città, di fatto comandata dai Camponeschi da decenni, prese le parti di Luigi III. Ad Andrea Fortebraccio detto Braccio, condottiero umbro, ufficialmente gran connestabile degli Abruzzi – nonché principe di Capua – era già chiara la politica degli aquilani, da lui definiti “ribelli” poiché avevano da poco cacciato il capitano da lui inviato tempo prima e che avevano accolto con favore.

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