Antonio Centi, il ricordo di Massimo Cialente: la sua idea di città e quella sconfitta a Monte Manicola

Le strade di due sindaci dell’Aquila come Antonio Centi e Massimo Cialente si sono incrociate in diversi momenti, anche cruciali per la città
Antonio Centi ricordato da Massimo Cialente. Il sindaco del terremoto ebbe in lui un riferimento sin da subito, da quando cioè si affacciò alla militanza politica.
Condivisero l’esperienza dell’amministrazione dell’Aquila: Centi primo cittadino, Cialente presidente della Commissione Territorio del Consiglio comunale. In campo con un gruppo di assessori scelti per qualità e capacità di visione, un tentativo coraggioso che durò quattro anni infrangendosi sulla gestione incerta della vicenda della mancata realizzazione della discarica nella zona est della città.
Cialente dichiara al Capoluogo: “Nel 1970 non avevo nemmeno 18 anni e mi iscrissi al Partito Comunista. Lo conobbi allora, che era funzionario di partito, il più disponibile ed empatico nei confronti di noi giovani. Rimasi dietro di lui per molto tempo, anche se era della corrente dei miglioristi, io di un’altra linea. Ma allora le differenze erano considerate ragioni di arricchimento. Quando entrai nei consigli di circoscrizione, Centi era consigliere comunale, poi divenne vicesindaco, quindi vicepresidente del Consiglio regionale. C’era tra noi un rapporto continuo, tra il 1992 e il 1993 mi diede il compito di scrivere la legge regionale di riforma del 118. Dava sempre l’impressione di essere avanti, per le idee innovative nutriva un entusiasmo persino da ragazzino”.
Antonio Centi poi venne eletto sindaco dell’Aquila, Cialente da consigliere comunale divenne presidente della Commissione Territorio, le loro strade tornarono a intrecciarsi in un settore cruciale, l’urbanistica, per lo sviluppo della città, con Daniele Iacovone assessore. Cialente ricorda il coraggio e la visione, ma anche quelle che considera occasioni mancate: “Facemmo bei progetti, ma per la città molte cose finirono poi bloccate. Su tutte il recupero della collina di Collemaggio, con Colle Fiorito che doveva diventare un grande parco. Antonio pagò secondo me il suo essere un galantuomo di correttezza cristallina, la tendenza a rifuggire dallo scontro che era sia caratteriale che derivante dalla sua cultura politica. Gli rimprovero che su alcune questioni non andò fino in fondo, come per la discarica che volevamo realizzare nella zona est della città, a Monte Manicola, nei pressi di Paganica. L’Aquila paga ancora quella mancata realizzazione. Andai una mattina in Comune, sollecitandolo a prendere la decisione del via libera, anche con l’appoggio di Giorgio Napolitano che era ministro dell’Interno. Ma lui davanti alle proteste volle fermarsi, fece un comizio a Paganica per spiegare le ragioni che si rivelò un autogol. Diede probabilmente l’idea di non essere un sindaco deciso”.
Quella vicenda fu, ritiene Cialente, la pietra tombale delle ambizioni di rielezione di Centi. Dall’opposizione alla discarica nacque una lista civica che appoggiò alle successive elezioni il centrodestra di Biagio Tempesta riuscendo ad eleggere ben tre consiglieri comunali e risultando di fatto decisiva per la sconfitta di Centi. Secondo Cialente assieme alla prospettiva del secondo mandato abortì anche quella di una fase amministrativa che per Centi sarebbe stata foriera di risultati più tangibili: “Goffredo Palmerini, da assessore alle Finanze, aveva risparmiato un’ira di dio di soldi che poi Tempesta poté utilizzare per fare molti lavori pubblici. Rimasi molto male quando, appena un mese dopo la nostra sconfitta, venne presa la decisione di collocare la Giunta regionale al Palazzo di Vetro”. Era di fatto il tramonto dell’operazione del recupero della collina di Collemaggio, nell’ambito della quale avrebbero trovato spazio anche gli uffici della Giunta, da situare quindi in prossimità di quelli del Consiglio. Era l’affossamento di un progetto che, chissà, avrebbe potuto se realizzato essere l’eredità dell’amministrazione Centi, il simbolo visibile di una gestione che nello sguardo di Cialente è incompiuta perché “Centi aveva messo molta carne a cuocere, aveva un’idea di città e il gusto di discutere le prospettive, la capacità di coltivare un progetto dove i luoghi avrebbero dovuto caratterizzare la fisiologia, nel quale la cultura e l’attenzione alle aree interne avevano ruoli di primo ordine”.
La carriera di Antonio Centi si caratterizzò poi per altri ruoli, presidente dell’Anci regionale, e presidente dell’Istituzione sinfonica abruzzese. “La salvammo assieme – dice Cialente – dopo il terremoto le istituzioni culturali dell’Aquila stavano crollando”.
