Cervi, l'approfondimento

Abbattimento cervi in Abruzzo, l’esperto: non è questione di danni, cervo cacciato da sempre

Abbattimento cervi in Abruzzo, una polemica incomprensibile secondo il biologo ed esperto di aree protette Giampiero Sammuri: "In Italia ci sono 50 specie cacciabili, tra cui il cervo. Perché tutto questo clamore?".

Abbattimento di cervi in Abruzzo, una polemica incomprensibile secondo il biologo ed esperto di aree protette Giampiero Sammuri: “In Italia ci sono 50 specie cacciabili, tra cui il cervo. Cosa c’entrano i presunti danni? Perché tutto questo clamore?”.

Abbattimento selettivo dei cervi in Abruzzo, la discussione sconfina e accende la curiosità degli esperti nazionali. Tra le tematiche al centro del problema i danni che i cervi causano alle colture, oltre al rischio di incidenti stradali causati dagli attraversamenti improvvisi degli animali. Dall’altro lato, in molti propongono metodi alternativi all’abbattimento. Il biologo Giampiero Sammuri, esperto di aree protette, autore di oltre 30 pubblicazioni in campo zoologico e ambientale, nonché presidente del Parco Nazionale Arcipelago Toscano, scrive in un articolo pubblicato su Greereport.it. “In Italia ci sono 50 specie cacciabili. Tra queste, quelle che possono potenzialmente fare danni importanti ad attività umane e alla biodiversità sono sei: cinghiali, cervi, caprioli, conigli selvatici, daini e mufloni. Inoltre, ci sono altre tre specie che possono creare qualche danno: cioè cornacchie, gazze e volpi. Se il motivo per cui si caccia una specie, in Italia, fosse la possibilità di creare danni si caccerebbero solo 6/9 specie, invece se ne cacciano altre 41, che di danni non ne fanno nessuno, o quasi. Allora qual è il motivo per il quale delle 393 specie, tra uccelli e mammiferi, presenti in Italia, 50 se ne possono cacciare e 343 no?”, interroga l’esperto.

La risposta è presto detta, Lo stato di conservazione e le minacce potenziali per una singola specie. Per questo l’orso marsicano, l’aquila reale o il falco pescatore non si possono cacciare, mentre la lepre, il fagiano, il cinghiale e il cervo sì. I danni non c’entrano un bel niente”. 

Infatti, la caccia in Italia “è regolamentata per cui non si possono cacciare le 50 specie suddette quando e dove si vuole. Al contrario, ci sono dei periodi, delle zone e dei mezzi che si possono utilizzare: armi da fuoco, ma non trappole. Ancora, per fare un altro esempio, la caccia è vietata nei Parchi e nelle Riserve naturali”.

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Detto questo, c’è il controllo faunistico. Un’attività organizzata dalle pubbliche amministrazioni che ha l’obiettivo di ridurre numericamente popolazioni animali che, ad alte densità, possono provocare danni alle attività umane o alla biodiversità. Al contrario della caccia – continua il biologo Sammuri – questa attività si può svolgere anche in periodi, orari e luoghi vietati per l’attività venatoria. Ad esempio nei parchi italiani – dove la caccia è assolutamente vietata – ogni anno vengono abbattuti o catturati (e poi abbattuti), oltre 10mila ungulati. Vale a dire cinghiali, cervi, daini, mufloni. Un’attività che si svolge anche con trappole, in orario notturno e in qualsiasi periodo dell’anno”.

Per questo non capisco perché nella discussione sulla caccia al cervo in Abruzzo ci si arrovelli a dimostrare che i cervi fanno dei danni o che non li fanno: questo tema è assolutamente irrilevante rispetto al fatto che si cacci o meno. Addirittura, c’è chi propone metodi alternativi all’abbattimento. Un qualcosa sicuramente possibile, ma spesso non facile. E non capisco nemmeno tutto questo clamore quando, da sempre, il cervo viene cacciato sulle Alpi e in Emilia Romagna, così come in Toscana, da almeno 25 anni, con numeri ben più alti di quelli proposti per l’Abruzzo. In ogni caso – conclude il presidente Sammuri – se qualcuno ritiene che il cervo non si debba cacciare ha una strada maestra: una modifica alla legge 157/92 che escluda l’animale delle specie cacciabili, magari anche solo per la Regione Abruzzo”. 

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