
A Sulmona la mensa ancora non parte, con grandi disagi per le famiglie
A Sulmona ci sono centinaia di bambini e ragazzi che, da quando si è riaperta la scuola – parliamo della seconda metà di settembre, grosso modo – non possono usufruire del servizio mensa.
Conseguentemente, ci sono centinaia di genitori che si svegliano mezz’ora – un’ora prima per preparare i pasti ai loro figli, seguendo scrupolosamente le indicazioni girate loro dai vari istituti. Ad esempio (leggiamo da uno di questi regolamenti): no uva perchè pericolosa, come altri cibi che potrebbero causare soffocamento.Cibi non facilmente deteriorabili, contenuti esclusivamente in contenitori termici; devono essere peraltro già porzionati o porzionabili autonomamente dal minore, “perché non potranno ricevere l’ausilio dei docenti o del personale ATA, onde evitare contaminazioni”. Di conseguenza, niente coltelli, nemmeno di plastica. E ancora: il pasto deve “entrare” a scuola insieme al ragazzo, perchè non è consentito portare i pasti nel corso della giornata scolastica. Insomma, il pasto è “un’estensione dell’attività di preparazione alimentare famigliare autogestita e ricade completamente ed esclusivamente sotto la sfera di responsabilità dei genitori”. E l’assenza della mensa, quindi, ricade totalmente sulle spalle delle famiglie.

“Siamo sottoposti ad una enorme pressione e a un grande stress, noi genitori, per questa situazione : figuriamoci i nostri figli che si ritrovano a mangiare cibo cucinato, quando va bene, 6 ore prima. Anche se nel thermos, è appena tiepido alle 13:30, l’ora del pranzo: e una minestra fredda, ad esempio, non verrà mai mangiata”.
Raccogliamo lo sfogo di uno dei tanti genitori che sta vivendo queste settimane di disagio legate a “quer pasticciaccio brutto della mensa a Sulmona“. Parafrasiamo il titolo del romanzo di Carlo Emilio Gadda per fare il punto su quella che è una situazione sicuramente sgradevole, che si trascina da settimane e che, finora, ha avuto sempre rinvii e promesse: ma non soluzioni.
Di mezzo c’è un appalto di fornitura mensa da tre milioni di euro non andato in porto: la scorsa estate se lo era aggiudicato la ditta Ri.Ca. di Somma Vesuviana che non aveva in loco un centro cottura e che sperava, in questi mesi, di stringere un accordo con una delle strutture sul territorio che potessero consentire la produzione e distribuzione di cibo. Questo però non è avvenuto: il centro cottura della clinica San Raffaele non si può utilizzare – dice la Regione – per confezionare e distribuire cibo all’esterno. E altre strutture contattate da Ri.Ca. – dicono dalla società campana – non hanno dato la loro disponibilità.
Venerdì è scaduto il termine – ultimatum dato dal Comune: Ri.Ca. è stata dichiarata decaduta e ora si dovrà trovare una soluzione per la mensa a Sulmona. Temporanea, per alleggerire il peso sulle famiglie e sui bambini, dando l’affidamento a qualche ditta già “esperta” in zona, che possa prendere velocemente in mano la situazione. O definitiva, tagliando fuori Ri.Ca. da una gara che aveva pur vinto.
Quale che sia la soluzione, c’è un dato di fatto: che la società assegnataria, all’apertura della scuola, non è stata capace di ottemperare all’impegno preso. Che il Comune di Sulmona ha probabilmente avuto troppa fiducia – o atteso forse troppo – per muoversi e cercare di porre rimedio al disagio di famiglie e ragazzi. Perché, a sentire i genitori, nell’avvicinarsi all’apertura della scuola, sarebbe stato opportuno verificare se tutto era a posto, anzichè correre ai ripari dopo un mese di scuola.
“Al disagio di questi giorni, si è aggiunto in queste settimane il silenzio: in tanti abbiamo chiesto informazioni al Comune, o chiarimenti… e abbiamo ricevuto solo silenzio. Ora speriamo che si risolva al più presto, per tornare alla normalità”