La notte di San Rocco, da una storia dimenticata del mondo contadino un nuovo cammino per Abruzzo e Marche

22 ottobre 2024 | 15:41
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La notte di San Rocco, da una storia dimenticata del mondo contadino un nuovo cammino per Abruzzo e Marche

Un omicidio dimenticato nel mondo contadino tra Marche e Abruzzo, presentato in Senato il libro “La notte di San Rocco. Come morì Gnilisande”

L’eredità della memoria contadina tra Marche e Abruzzo. Terremoto e tradizioni accomunano grandi comunità chiamate alla missione “rigenerazione” dopo il sisma: un cammino che non può che ripartire dalle tradizioni culturali, come l’amore per la terra e per i suoi frutti. Un amore racchiuso nel libro “La Notta di San Rocco. Come morì Gnilisande”, presentato questa mattina all’interno dell’Aula Convegni di Palazzo Carpegna, a Roma.

Un “cold case” su un omicidio avvenuto nel 1919 nel borgo abruzzese di Casalincontrada. Un caso di cronaca nera di provincia, che avviene mentre nell’Italia attraversata dalle turbolenze sociali seguite alla Grande Guerra, a lungo lasciato cadere nel dimenticatoio e che è stato recuperato e meticolosamente studiato per diventare un libro. È “La Notte di San Rocco. Come morì Gnilisande”, volume scritto da Valerio Ivo Montanaro
e Raffaello Montanaro, (quest’ultimo attualmente in carico come comandante dei Carabinieri di Pieve Torina, Macerata) presentato oggi in Senato, presso l’Aula Convegni di Palazzo Carpegna. L’opera offre uno spaccato storico sulle condizioni dei contadini del Centro Italia di un secolo fa, contribuendo alla riflessione sulla rigenerazione sociale delle comunità colpite dal sisma. I due autori Valerio Ivo e Raffaello ricoprono anche i ruoli di presidente e vicepresidente dell’Istituto Ricerche Storiche – IRIS.

“Oggi presentiamo un libro che collega noi sindaci di Pieve Torina e Casalincontrada, due piccoli centri che hanno una forma culturale comune, la tradizione contadina. Una forma dalla quale deriva direttamente la nostra cultura e, al tempo stesso, il nostro modo di essere. Sono onorato di essere qui perché il prodotto della nostra ricostruzione sostanzia il cammino di rigenerazione a cui sono chiamate le comunità colpite da un sisma. Da due anni abbiamo cambiato passo – ha sottolineato Alessandro Gentilucci, primo cittadino di Pieve Torina – ciò dimostra come la politica sappia fare la differenza. Ci sono, naturalmente, ancora problemi da affrontare, ma senz’altro siamo sulla buona strada per risolverli”

Così Vincenzo Mammarella, sindaco di Casalincontrada:“Non è scontato che comunità simili, come quelle di Abruzzo e Marche, possano esprimere la vitalità di realtà territoriali che rischiano di sparire. Dalle nostre parti diciamo ‘La quercia dà buona ghianda’: in questo caso la famiglia di Valerio e Raffaello ha dato ottimi frutti. Attività come la pubblicazione di questo libro, infatti, non solo permettono una riscoperta del territorio, ma promuovono anche un futuro migliore per i nostri ragazzi”. Parole a cui ha fatto seguito l’appello al senatore Castelli, Commissario straordinario per la riparazione e la ricostruzione sisma 2016 a farsi portavoce delle “problematiche dei nostri Comuni”.

Nel corso della presentazione del libro, hanno preso parola gli autori dell’opera. Raffaello Montanaro ha ricordato le ricerche fatte, insieme a suo fratello Vittorio Ivo, per ricostruire il fatto di cronaca da cui prende vita il lavoro. Un importante lavoro documentario “tra l’Archivio di Chieti, l’Università di Torino, l’archivio di Roma. Una raccolta di informazioni che ci ha portato a intrecciare la storia con le vicende di molti personaggi anche di caratura nazionale, per citarne uno penso al Ministro Giolitti. Siamo partiti da un piccolo punto e da lì abbiamo raccolto materiale riguardante a 360 gradi la società del periodo in cui avvennero i fatti”. 

Vittorio Ivo Montanaro: “Presentando quest’opera non possiamo non fare riferimento al tema della terra, alle tradizioni ad essa legate: in particolare, quindi, alle tradizioni contadine che uniscono le due regioni di Marche e Abruzzo. Quando penso alla terra, la prima associazione che mi viene in mente è la parola ‘madre’. Credo che ci sia sempre un posto in cui noi riusciamo a sentirci a casa, anche solo pensandolo. L’immagine di una radice attaccata alla sua terra è quella che, a mio modo di vedere, simboleggia al meglio la metafora della ricostruzione. Le persone restano perché sono attaccate a quel posto, alla loro terra”. 

L’evento si è concluso con le considerazioni del Commissario Castelli, che ha sottolineato l’importanza di unire la ricostruzione fisica a quella sociale e culturale delle comunità colpite dal sismaLa cultura e le tradizioni delle comunità dell’Appennino centrale affondano profondamente le radici nella civiltà contadina. Un patrimonio che si è stratificato nel corso dei millenni, che rappresenta un valore che abbiamo il dovere di preservare e valorizzare, all’interno del percorso di ricostruzione e riparazione dei nostri territori. Il merito degli autori di questo libro, scritto con cura e passione, sta nella capacità di avere recuperato e posto in primo piano, attraverso una certosina ricostruzione scientifica e narrativa, un piccolo caso avvenuto dentro la grande cornice del mondo contadino di quegli anni. Questo legame con la terra, che si manifesta attraverso la nostra tradizione agro-silvo-pastorale, è una ricchezza sulla quale oggi siamo tornati a investire e che può rappresentare un’occasione di vita e di sviluppo, in stretta connessione con la natura”.