Sentenza sisma, niente concorso di colpa: risarciti i familiari di una delle vittime

“Le vittime non hanno colpa”: un’altra sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila sancisce e conferma questo postulato, confermando il risarcimento – per un ammontare di circa 800 mila euro – nei confronti dei familiari di una delle vittime del sisma del 6 aprile 2009 che quella notte non riuscirono a scappare e furono inghiottiti dalle macerie.
“Le vittime non hanno colpa”: un’altra sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila sancisce e conferma questo postulato, confermando il risarcimento – per un ammontare di circa 800 mila euro – nei confronti dei familiari di una delle vittime del sisma del 6 aprile 2009 che quella notte non riuscirono a scappare e furono inghiottiti dalle macerie.
Il collegio dei giudici era presieduto da Francesco Filocamo. La sentenza scaturisce dalle testimonianze raccolte durante tutta la fase processuale, dove è emerso con chiarezza che il giovane Andrea Cupillari, esperto di informatica e fotografo, passione che condivideva con Benedetta Pezzopane, la sua fidanzata, non avesse mutato le proprie abitudini proprio dopo essere stato rassicurato dalle parole della commissione Grandi Rischi. Andrea è morto insieme alla sua fidanzata, a soli 30 anni, nel crollo dell’abitazione della ragazza ad Onna, dove l’aveva raggiunta la sera di domenica 5 aprile per farle una sorpresa. In sostanza è stato acclarato che la notte precedente al sisma il giovane avesse dedotto che si fosse in presenza di una situazione favorevole in quanto vi era uno “scarico di energia” continuo che avrebbe impedito il verificarsi di scosse più intense e che, in definitiva, si fosse in presenza di una fenomenologia “normale”.

Ai familiari di Andrea Cupillari, assistiti dall’avvocato Claudio Verini, del foro dell’Aquila, sono stati riconosciuti anche i danni psicologici conseguenti la perdita del loro congiunto che, in primo grado, erano stati riconosciuti solo in parte. I testimoni ascoltati hanno dichiarato, dimostrandolo, come la vittima, “avesse grande timore dello sciame sismico in corso, tanto è vero che, oltre ad adottare tutte le misure di cautela raccomandabili dal buon senso in caso di sisma, in più occasioni aveva passato la notte in macchina e, dopo le scosse del 30 marzo del 2009, aveva manifestato l’intenzione di recarsi per qualche giorno presso la città di Perugia. Gli stessi testi hanno poi riferito che, dopo la riunione della Commissione Grandi Rischi, l’atteggiamento era cambiato e risultava improntato a una moderata tranquillità, sulla scorta delle dichiarazioni correlate a tale riunione, che apparivano promanare da un organo scientifico, da cui poteva dedursi che la faglia sismica si stesse scaricando in ragione delle continue scosse di lieve e moderata intensità”.
Come riporta Il Messaggero, questa situazione è emersa anche quando fu recuperato il corpo; il ragazzo indossava solo biancheria intima, una circostanza che è apparsa “obiettivamente incompatibile con un atteggiamento di paura rispetto al fenomeno sismico in atto”.
Quest’ultima sentenza arriva poche settimane dopo un’altra, relativa al crollo di via Campo di Fossa che anche in quel caso ha riconosciuto ai familiari di una delle vittime del crollo del condominio di via campo di Fossa il risarcimento completo e i danni permanenti (i familiari erano difesi dall’avvocato Verini e dall’avvocato Giuseppe Fisauli).