I Cinturelli, sfatare il mito di Padre Santucci legato allo zafferano di Navelli

Torna l’appuntamento con la rubrica I Cinturelli. Tra le tante storie che caratterizzano l’Abruzzo Una di quelle più fantasiose è sicuramente quella dell’origine dello zafferano di Navelli trafugato dalla Spagna dentro l’ombrello del Gesuita Padre Santucci.
I Cinturelli – Torna l’appuntamento con la rubrica del Capoluogo, con il contributo di Ermenegildo Papaoli.
Questa settimana, nell’appuntamento con la rubrica I Cinturelli vi portiamo virtualmente in giro per i nostri piccoli e caratteristici paesi nell’Abruzzo Ulteriore, quasi tutti di epoca medievale, si riescono ancora a trovare quei collanti sociali di antica espressione quali feste religiose, riedizioni folkloristiche, sagre di vario genere… Uno di questi collanti, molto antico per la verità, è l’uso di leggende per cementare una identità, una appartenenza ad una comunità! Si scoprono perciò tante storie, molte di esse inventate, brutte o belle, che venivano raccontate intorno al camino, durante le lunghe serate invernali fredde e buie, tutte da riscoprire, da raccontare e tramandare.
Una di queste storie fantasiose è sicuramente quella dell’origine dello zafferano di Navelli trafugato dalla Spagna dentro l’ombrello del Gesuita Padre Santucci.
Questa citazione emerge ogni volta che si racconta dell’arrivo di questa pianta a Navelli, ma che è stata sicuramente generata dalla fervida mente di qualche remoto narratore della Piana. Di questo religioso infatti non vi è traccia alcuna negli archivi storici della Diocesi di L’Aquila, né tantomeno esiste menzione nei pochi documenti a disposizione di quel periodo.

Una storia bellissima, affascinante ma ahimè piena di inesattezze e contraddizioni. Per cominciare, il periodo: XIII secolo cioè 1200. In tale epoca Navelli era agli albori e contava poco meno di cento anime! A seguire: il telo di un ombrello. Questo utilissimo para pioggia/para sole, pur avendo origini molto remote, divenne di uso comune soltanto nel XVII secolo. E poi la Santa Inquisizione: Questa fase storica fu avviata in Spagna dai re cattolici Isabella I di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona nel 1492.
E ancora il titolo: Padre Gesuita. Siamo fuori di qualche secolo in quanto solo nel 1540 Sant’Ignazio di Loyola fondò la Compagnia di Gesù.
E per finire, il cognome Santucci: Tale cognome non esisteva a Navelli prima del XVIII secolo. Non appare neppure nel Catasto onciario del 1746. Si ha una prima traccia in un testamento datato 26 giugno 1771 a nome di Carmine Santucci.
Ma la cosa che più non convince è l’uso del cognome invece del nome, come invece è sempre stato in uso tra gli ecclesiastici: Padre Cristoforo, Don Amilcare, San Francesco, ecc. Nonostante ciò, giornalisti, cineoperatori, telecronisti, esperti di cucina e semplici narratori dello zafferano, mettono tutti in risalto questo episodio di Padre Santucci.
Persino Livio Leonardi nel suo programma “Paese che Vai” nella puntata su L’Aquila, racconta di questo fantomatico Gesuita contrabbandiere di bulbi dalla Spagna.
La versione più attendibile rimane quindi quella di Javier Hortensio Valles, agronomo di corte del Re di Aragona Giacomo II detto il Giusto (1267-1327) che gli conferì l’incarico di esplorare nei territori del Regno di Napoli di suo genero Roberto d’Angiò detto il Saggio (1276-1343) e marito di sua figlia Sancha d’Aragona, alcune aree geografiche simili per clima e conformazione del terreno a quelle della Mancia dove veniva coltivato lo “zaefaran زعفران” già dai tempi della dominazione araba. Fu così che Javier Hortensio Valles, dopo aver esplorato vari territori, arrivò nella Piana di Navelli e vi trovò i requisiti sperati dando così inizio alla sperimentazione della coltivazione dei bulbi intorno all’anno 1310.
Tutto questo trova conferma nelle recenti ricerche presso l’Accademia Pontaniana – Ricostruzione Angioina-Archivio Storico di Napoli, durante le meticolose operazioni della ricostruzione dei registri della cancelleria di Roberto d’Angiò, relativa agli anni 1309-1343 dove sono state riscontrate notizie circa l’accoglienza di Javier Hortensio Valles da parte di Roberto D’Angiò nel 1310 arrivato nel regno di Napoli con scopi esplorativi per l’introduzione dello zafferano nei suoi territori.
FINE DI UNA FAVOLA ROMANTICA: INIZIO DI UNA STORIA QUASI CERTAMENTE REALE!