I Cinturelli, la ricchezza dell’oro rosso aquilano

29 novembre 2024 | 10:19
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I Cinturelli, la ricchezza dell’oro rosso aquilano

Torna l’appuntamento con la rubrica I Cinturelli. Lo Zafferano dell’Aquila DOP e la ricchezza dell’oro rosso. Dal passato una tradizione che guarda al futuro. 

I Cinturelli – Torna l’appuntamento con la rubrica del Capoluogo, con il contributo di Kristin Santucci.

Torna l’appuntamento con la rubrica I Cinturelli. Lo Zafferano dell’Aquila DOP e la ricchezza dell’oro rosso. Dal passato una tradizione che guarda al futuro.

Zafferano, la spezia che, insieme alla lana, ha reso nobile il territorio aquilano. Un’eccellenza che non ha mai smesso di brillare. E se il passato è storia, il futuro potrà vedere nuove importanti ricchezze grazie al richiamo dell’oro rosso. Viene chiamato oro rosso, dipinge i campi di viola e colora i piatti di un giallo intenso. Già dalla magia dei colori che regala si intuisce l’importanza dello zafferano, una spezia ricca di benefici e proprietà. Autentica eccellenza d’Abruzzo, con l’area della piana che va da Navelli a L’Aquila – passando per la Valle Subequana – assoluta protagonista della sua produzione: 13 Comuni uniti dalla coltivazione dello zafferano, più precisamente lo Zafferano dell’Aquila DOP. Dalla ricchezza di ieri, un nuovo sviluppo del territorio aquilano oggi e domani. Come? Grazie allo zafferano. Recentemente al centro di una pubblicazione su Forbes, lo zafferano è tornato a colorare la piana di Navelli lo scorso ottobre, richiamando coltivatori, abitanti, turisti e curiosi nel territorio aquilano. Nonostante quest’anno la siccità tra i mesi di agosto e ottobre abbia, in parte, condizionato la fioritura, non è mancata la magia che si crea ad ogni singola raccolta. Un rito ormai caro agli abitanti dei 13 Comuni dello Zafferano DOP dell’Aquila, ma che appassiona un numero sempre maggiore di persone, le quali arrivano appositamente in provincia dell’Aquila per poter ammirare o, addirittura, prendere parte a una tradizione che il tempo non ha cambiato e che il progresso tecnologico non ha stravolto. Resta, infatti, il lavoro manuale il nucleo di una raccolta meticolosa e di una lunga e precisa attività che comincia fin dall’alba, nei campi trasformati in ampie distese di viola. Una lavorazione che anima l’aquilano dalla seconda metà di ottobre e che vede coinvolte, in prima linea, anche alcune associazioni del territorio che si sono costituite proprio per tutelare e proseguire una produzione che, da tempo immemore, garantisce importanti ricchezze all’area aquilana. Tra queste realtà citiamo la Cooperativa Altopiano di Navelli, il Consorzio di Tutela dello Zafferano e “Le vie dello Zafferano”.

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Proprio quest’ultima associazione culturale promuove e organizza, già da 10 anni, l’evento “Raccogli, conosci e degusta” ogni fine ottobre, per diffondere la “cultura” dello zafferano: un appuntamento, quindi, che arriva puntuale al momento della fioritura. Quest’anno, tra i presenti all’evento anche alcuni giornalisti che si occupano di Food e, in generale, di Turismo: i quali sono stati trasportati a 360 gradi nel mondo dello zafferano. Dalla raccolta alla sfioritura, fino all’assaggio dei prodotti – non solo culinari – che nascono proprio dalla spezia. Già, perché la versatilità delle destinazioni d’uso dello zafferano non si esaurisce affatto nei soli piatti da servire a tavola. Così i giornalisti presenti, sia italiani che stranieri, hanno degustato, nella bottega di piazza Duomo, i prodotti tipici a base di zafferano, poi hanno scoperto il gelato realizzato utilizzando la spezia, quindi hanno potuto conoscere i prodotti di cosmesi naturale Tindora. E, ancora, da chef Zonfa hanno potuto gustare una cena eccellente a base di zafferano. Insomma, una giornata a tema proseguita con l’esperienza peculiare della raccolta della spezia a San Pio delle Camere: pratica condivisa con diversi turisti accorsi nella piana di Navelli. Non è mancata, inoltre, la professoressa Maria Giuliana Tozzi, membro dell’Accademia Medica della provincia dell’Aquila “Salvatore Tommasi”, già Professoressa di Fisiologia Umana e di Scienze Tecniche Dietetiche Applicate e Presidente del CL Dietistica dell’Università degli Studi dell’Aquila, la quale ha illustrato ai presenti le caratteristiche tecnico-scientifiche del prodotto. Parlare di zafferano, quindi, significa parlare di storia, di cultura, di territorio, di tradizioni e dell’immensa ricchezza che questa spezia è stata in grado di donare al territorio che la accolse, quando arrivò dalla Spagna, sotto forma di bulbi. Una ricchezza che si può vedere anche semplicemente attraversando la piana di Navelli, da Carapelle e Capestrano, fino a L’Aquila. Per tutti i Comuni della Piana, infatti, lo zafferano è sempre stato un’importante fonte di ricchezza e potrà tornare ad esserlo grazie allo sviluppo di altri prodotti, enogastronomici e – perché no – turistici. L’oro rosso ha reso nobile il territorio e ancora oggi possiamo ammirarne le vive testimonianze. Come il principato di Capestrano: un principato mediceo che si aggiunge alla Baronia di Carapelle.

I Cinturelli, sfatare il mito di Padre Santucci legato allo zafferano di Navelli

Il viandante in passato, il turista oggi, ma anche i semplici visitatori di passaggio si saranno chiesti: perché i Medici in questo territorio? La risposta è presto detta, perché c’erano la lana e…lo zafferano.

E ancora, basta varcare la soglia di Palazzo Centi per ammirare le stanze affrescate con lo zafferano. Lì, nel palazzo antico che dello zafferano fu un deposito. Ma la lista potrebbe continuare ancora, poiché la stessa Chiesa di Santa Maria del Suffragio (Anime Sante) in piazza Duomo a L’Aquila fu costruita grazie ai proventi derivanti da lana e zafferano, dopo il sisma del 1700. E pensare che, a quei tempi, la ricchezza del territorio era già in fase di decadenza: nonostante tutto, fu possibile chiamare un architetto del tenore di Giuseppe Valadier per la realizzazione della cupola.
Poco contano allora le leggende, spesso contrastanti l’una dall’altra, sull’origine della coltivazione dello zafferano nell’aquilano – come la fantasiosa storia, ricca di inesattezze temporali, che vorrebbe lo zafferano trafugato da tal Padre Santucci per diffonderlo nel territorio dell’Aquila – conta, invece, la storia che ne è seguita. Quella partita, come testimoniato dalle fonti, nella prima metà del 1300, quando nell’aquilano arrivò Javier Hortensio Valles, accolto da Roberto d’Angiò nel Regno di Napoli, con scopi esplorativi finalizzati all’introduzione dello zafferano nel nostro territorio.
Da lì la storia si è colorata di viola, come le terre della fiorente piana di Navelli e, ogni anno, la raccolta riunisce tante persone, raccolte in un rito ormai secolare: sempre uguale, eppure sempre diverso.

Ricordiamo le fasi della raccolta e della produzione dello zafferano

Quando è ancora buio, l’oro rosso è già sorto. Le piantine di zafferano sono ricoperte di brina notturna e la temperatura è particolarmente bassa nel mese di ottobre sull’intera area aquilana. Per raccogliere la spezia, infatti, bisogna andare quando i fiori sono ancora chiusi e il sole non è spuntato. Si usano i polpastrelli di pollice e indice per estrarre il fiorellino viola: dopo un po’, si ha quasi la sensazione di perdere la sensibilità, ma si continua perché i solchi sono lunghi e vanno finiti. Ad allietare la silenziosa raccolta di questo prodotto è l’arrivo del sole che sorge, che colora il suolo e fa brillare ancor di più i pistilli. Nelle zone della piana di Navelli i produttori sono riuniti nella Cooperativa dell’Altopiano di Navelli, appunto, e devono seguire delle regole precise affinché lo zafferano mantenga la sua autenticità. La raccolta viene svolta completamente a mano, dunque, seppure con modalità quasi meccaniche, per non rallentare il lavoro. Il materiale raccolto viene sistemato in cesti di vimini, poi si stendono i fiori su un tavolo e si comincia il processo detto della ‘sfioritura’. Consiste nell’estrarre i pistilli, o stigmi – le parti rosse – da ogni fiore che, con pollice e indice, viene fatto ruotare. Dopo la sfioritura si deve procedere con l’essiccazione, seguendo il Disciplinare. Il Disciplinare che devono seguire i soci della Cooperativa Altopiano di Navelli stabilisce innanzitutto la zona geografica entro la quale si può produrre lo zafferano di origine protetta, DOP, dell’Aquila. Inoltre, il Disciplinare codifica tutte le norme che i produttori devono osservare tanto sul campo, che nell’atto della trasformazione, nel confezionamento, fino all’etichettatura del prodotto. Gli agricoltori parte della Cooperativa, quindi, devono usare la brace per far asciugare lo zafferano. In particolare, il fuoco viene alimentato da legna di mandorlo o quercia, poiché il loro fumo non rilascia odori forti che potrebbero alterare l’aroma della spezia. Quindi, a una distanza di 15 centimetri dalla brace non viva, in un setaccio (quello tipico della farina) vanno messi i pistilli e si girano piano piano a mano, finché non si ritira la loro umidità. Alla fine arrivano quasi a seccarsi.
Per ottenere un grammo di zafferano sono necessari circa 200 fiori. Lo zafferano subisce il processo dell’essiccazione perché in questo modo può durare nel tempo ed essere consumato quando si vuole. L’importante è mantenerlo lontano da luce, calore e umidità, altrimenti rovinarsi.

Questo articolo è stato pubblicato sul periodico I Cinturelli, un progetto editoriale nato nel 2010 da un’idea di Dino Di Vincenzo e Paolo Blasini. I Cinturelli, disponibile online e cartaceo, racconta la storia, la cultura, le tradizioni e le leggende del territorio.