Crisi Siria, integralisti islamici a 100 km dall’Unione europea

9 dicembre 2024 | 12:30
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Crisi Siria, integralisti islamici a 100 km dall’Unione europea

L’intervista a Mimmo Srour sulla crisi in Siria, con la fuga di Assad e la presa di potere da parte dei gruppi integralisti.

L’intervista a Mimmo Srour sulla crisi in Siria, con la fuga di Assad e la presa di potere da parte dei gruppi integralisti: “Sono arrivati a 100 km da Cipro, quindi dall’Unione Europea”.

Uomini, donne, ex prigionieri politici, tutti in strada a festeggiare la fuga di Assad e la sostanziale presa del potere da parte di Abu Mohammed al-Jolani, capo dell’Hts e artefice dell’offensiva di questi giorni. Festeggiano gli USA, Israele, come se a prendere il potere non fossero gruppi di integralisti islamici pronti ad “applicare” i loro rigidi principi alla vita pubblica della Siria. E allora che sta succedendo?Il Capoluogo d’Abruzzo lo ha chiesto a Mimmo Srour, esperto di politica internazionale e delle vicende legate al Medio Oriente: “In strada a festeggiare c’è perfino chi ha perso i figli nella guerra contro i gruppi islamici, sembra paradossale, ma la speranza di un cambiamento positivo prevale anche al cospetto di uno come Abu Mohammed al-Jolani, con un chiaro passato in Al Quaeda e una taglia da 10 milioni di dollari per terrorismo, da parte degli stessi USA che oggi salutano con favore la fuga di Assad”.
Insomma, per chiarire la situazione bisogna fare un passo indietro: “La Siria era un Paese sostanzialmente laico, nello stesso governo di Assad convivevano etnie e religioni diverse, una situazione difficile da governare per chi non ha nel sangue la cultura laica. Il partito al governo era di ispirazione socialista, ma poi la situazione è degenerata, tra corruzione e i problemi che la Siria mano a mano si è trovata ad affrontare, tra cui l’offensiva integralista iniziata nel 2011. In questi 13 anni di guerra la situazione è degenerata a tal punto che le persone sono state spinte alla ricerca del cambiamento, qualunque esso sia. Nel 2022 il governo di Assad sembrava aver il controllo della situazione, ma senza più il sostegno di Iran e Russia la situazione è definitivamente precipitata, con l’esercito regolare che nell’ultima offensiva non si è opposto ai cosiddetti “ribelli”, per evitare un’ulteriore carneficina. I gruppi integralisti hanno quindi definitivamente preso il controllo del paese e ora non sono più relegati in posti come l’Afghanistan, ma ce li abbiamo a 100 km da Cipro, cioè dall’Unione Europea, capeggiati da Abu Mohammed al-Jolani che non ha mai rinnegato il suo passato in Al Qaeda”.
Ma chi sono questi cosiddetti “ribelli”: “Si è parlato di guerra civile, ma in realtà si tratta di gruppi militari di 37 organizzazioni, in gran parte islamiste e integraliste, jihadisti e miliziani anche da Pakistan e Cina. Meno di una decina di questi gruppi sono di ispirazione più o meno laica”.
A questo punto che futuro attende la Siria e i rapporti internazionali? “C’è speranza e timore. La speranza è che i pochi gruppi laici che compongono la coalizione formata in gran parte da integralisti riescano a fare in modo che la situazione non degeneri e che le minoranze abbiamo ancora spazio e rispetto, ma il timore è che purtroppo quegli stessi gruppi non rinnegheranno la loro ispirazione più profonda e succederà quello che è successo già da altre parti”. Il rischio “politico”, invece, è che la Siria venga “spacchettata”: “Se il regime di Assad, con tutti i suoi limiti e difetti, teneva insieme tutti, il rischio è che la Siria venga divisa in tanti piccoli stati confessionali, per questo sta festeggiando anche Israele. Volevamo fare del Mediterraneo un “lago di pace”, lo abbiamo trasformato in un cimitero di guerra. A questo punto non ci resta che far finta di credere che i gruppi integralisti in Siria si comporteranno diversamente da come hanno fatto da altre parti. Non resta che attendere e sperare. Per i siriani, ma non solo per loro, visto che ormai gli integralisti islamici sono arrivati vicino alle porte dell’Europa”.

(Foto ANSA in copertina)