Alpinisti morti sul Gran Sasso: no ai “so tutto” che vorrebbero l’immobilismo

Arriva dal Monviso una riflessione sulla tragedia del Gran Sasso, che ha portato alla morte di Luca Perazzini e Cristian Gualdi. “Non si può ridursi a stigmatizzare chi va in montagna. Se nessuno avesse avuto audacia, il mondo sarebbe rimasto fermo”.
Arriva dal Monviso una riflessione sulla tragedia avvenuta sul Gran Sasso, che ha portato alla morte dei due alpinisti Luca Perazzini e Cristian Gualdi. “Non si può ridursi a stigmatizzare chi va in montagna, il discorso è più complesso. Se nessuno avesse avuto audacia, il mondo sarebbe rimasto fermo”.
Luca e Cristian non ci sono più. La loro passione li ha portati in montagna, a quota 2700 metri sul Gran Sasso, da dove sono riscesi quasi una settimana dopo, ormai privi di vita, dopo giorni di ricerche ostacolate e spesso bloccate dal maltempo.
Ieri vi abbiamo riportato la riflessione sulla vicenda a firma di Stefano Ardito, giornalista, scrittore e autorevole firma di guide sui sentieri di montagna.
Un contributo che sottolineava “l’importanza di saper tornare indietro, prima che sia troppo tardi”. Oggi, invece, riceviamo e pubblichiamo un ulteriore commento, questa volta da parte di un frequentatore ed appassionato di montagna, Paolo Caminiti, il quale critica le voci che colpevolizzano le vittime con “considerazioni prudenziali che porterebbero all‘immobilismo“.
“Dopo il ritrovamento, si è scatenato il coro dei ‘so tutto’ che stigmatizzano coloro che vanno per montagne, rischiando e costringendo i soccorritori a faticose e pericolose missioni di ricerca, e con alti costi per la società tutta.Forse bisognerebbe riflettere su quante scoperte e diversità e conoscenze sono nate dasconsiderati che hanno attraversato i mari con fatiscenti caravelle, o con audacia hanno sollevato l’uomo da terra come un uccello, o si sono incamminati per deserti e montagneunendo umanità diverse, o hanno messo insieme due valvole e quattro resistenze donandoci la possibilità di comunicare a distanza oltre gli oceani, o hanno trascorso anni di intelligentericerca per debellare un virus… O hanno attraversato le montagne con determinazione per unire gli uomini. E quante cose sono state scoperte da uomini che ci insegnano a superare le
difficoltà della vita e dell’ambiente con la ragione, sperimentando i propri limiti con audaceintelligenza. E c’è anche chi ci ammonisce che certe ‘avventure’ hanno un alto costo per la società“.
“Grazie al cielo – continua Caminiti – una società civile si dota delle strutture necessarie per far fronte a emergenze edisastri. Non esistono forse i pronto soccorso e gli ospedali per le emergenze mediche? Nonesistono forse i vigili del fuoco per spegnare gli incendi? Non esistono forse le autoambulanzeper prestare i primi soccorsi in caso di incidente e gli ospedali per curare malati e feriti? Non
esistono forse squadre di soccorritori che si calano nelle grotte, sott’acqua, sui monti, perrecuperare gli infortunati?È il prezzo che la società deve pagare per non ridurre l’umanità ad un‘informe moltitudine impotente di fronte a qualsiasi catastrofe, impotente se non avesse maiimparato a osare e sperimentare”.