Morto due anni dopo le percosse, a febbraio sentenza per l’aggressore

10 gennaio 2025 | 10:01
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Morto due anni dopo le percosse, a febbraio sentenza per l’aggressore

Si saprà a febbraio prossimo se verrà condannato o meno per omicidio preterintenzionale l’uomo di nazionalità romena accusato di aver causato la morte di Massimo Zugaro, deceduto due anni dopo un violento pestaggio senza mai aver ripreso conoscenza.

Si saprà a febbraio prossimo se verrà condannato o meno per omicidio preterintenzionale l’uomo di nazionalità romena accusato di aver causato la morte di Massimo Zugaro, deceduto due anni dopo un violento pestaggio senza mai aver ripreso conoscenza.

Massimo Zugaro, romano di nascita, ma da tempo residente a Filetto, era finito in coma nel 2020, in seguito alle botte del marito di una badante accusata di aver sottratto del denaro in casa della vittima dove svolgeva salturiamente le pulizie.  Il processo, alle ultime battute presso la Corte d’Assise dell’Aquila, ha visto la deposizione del medico legale indicato dalla Procura dell’Aquila, Cristian D’Ovidio che, nella sua perizia, ha riscontrato, “Il nesso di causalità tra il traumatismo della vittima e il decesso, senza la sopravvenienza di fattori concausali che interrompessero l’iniziale nesso di causalità”. Ha inoltre descritto, “un ematoma che ha interessato l’intero emisfero sinistro dell’encefalo dello Zugaro, da ritenere di natura post traumatica in quanto la vittima non aveva predisposizioni sul possibile verificarsi dell’emorragia”, che a giudizio dell’esperto è partita dopo un trauma in maniera “silente” il giorno stesso e che gli effetti gravi si sarebbero manifestati chiaramente l’indomani, con l’ematoma che nel frattempo era aumentato di dimensioni, ed aveva compresso l’emisfero sottostante l’emorragia, con danni sul sistema nervoso centrale.

Il trauma cranico – secondo la difesa rappresentata dall’avvocato Guglielmo Santella, del foro dell’Aquila –  si sarebbe verificato in conseguenza di una delle tante cadute a terra e non per l’aggressione subita da parte dell’imputato. Se il paziente è sopravvissuto per due anni, ha chiarito ancora il medico legale – come riportato dal Messaggero – lo si deve alla “correttezza, prontezza e adeguatezza dei trattamenti sanitari” portati avanti nel tempo sia a L’Aquila che a Chieti.

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