Terremoto Avezzano, 110 anni fa la terribile tragedia che sconvolse la Marsica

Sono passati 110 anni e i sopravvissuti oggi non ci sono più. Resta però la scrittura come arma per sconfiggere il tempo. Il 13 gennaio 1915 il terribile terremoto di Avezzano che mise in ginocchio la Marsica.
Sono passati 110 anni e chi ha vissuto ed è stato testimone della tragedia oggi non c’è più. È importante però scrivere, affinchè non si dimentichi la più grande catastrofe mai avvenuta nella Marsica, una delle più gravi nella storia del Paese. Parliamo del terremoto di Avezzano del 13 gennaio 1915 che provocò distruzione e migliaia di morti. Per forza distruttiva e numero di vittime, è classificato tra i principali terremoti avvenuti sul territorio italiano.
Avezzano anche quest’anno si fermerà per ricordare i terribili momenti che misero in ginocchio la Marsica 110 anni fa, un territorio fatto di gente operosa, dedita all’agricoltura e ai commerci. Questa mattina a partire dalle ore 10, si terrà la deposizione della corona di alloro ai piedi del “Memorial alle vittime del terremoto”, situato sul Salviano. Parteciperanno alla cerimonia della memoria le autorità civili e militari, il Vescovo dei Marsi, S.E. Monsignor Giovanni Massaro, il presidente di Assoarma Avezzano, il 1° Capitano Floriano Maddalena e il Sottosegretario di Stato Luigi D’Eramo. Alle ore 11, all’interno del Castello Orsini, avverrà la presentazione agli alunni degli istituti scolastici del territorio del progetto “Scuole sicure: l’orso Mirtillo e il miele tremolino”, che comprende una storia trasformata in fumetto scritta dalla direttrice della Scuola “San Giovanni” Francesca Colella e un cortometraggio: le buone pratiche di evacuazione spiegate ai bambini. La giornata della memoria terminerà alle ore 17 con la celebrazione della santa messa presso il Santuario della “Madonna del Suffragio”, all’interno dell’Istituto San Luigi Orione, altra luminosa figura legata proprio al soccorso nelle zone del sisma, sia nella disastrosa cornice del terremoto del 1908, che causò 90 mila morti a Reggio Calabria e Messina, sia nella Marsica, dove ha ristorato i terremotati, aiutando il “rinascimento” dalle macerie.
I ricordi di quei tragici momenti
Il terremoto di Avezzano fu una tragedia di proporzioni gigantesche per l’epoca, paragonabile al sisma che pochi anni prima aveva distrutto Messina. Oltre 30 mila furono le vittime, di cui oltre 10 mila nel solo capoluogo marsicano. La prima scossa ci fu la mattina del 13 gennaio 1915, alle ore 7,48, (dal Telegramma inviato dal pro-Sindaco di Tagliacozzo al Ministero dell’Interno), seguita da varie scosse di assestamento. La scossa fu avvertita anche nella capitale, producendo danni ad alcuni edifici, nonostante ciò il governo Salandra tardò molto a comprendere la vastità dell’area coinvolta e la gravità delle conseguenze: l’allarme in tutta la sua drammaticità fu lanciato ben 12 ore dopo la scossa principale con i lenti mezzi di comunicazione dell’epoca dal comune di Sante Marie. Oltre al capoluogo del circondario marsicano i cosiddetti “quattro undicesimi della scala Mercalli” furono rilevati a Cappelle dei Marsi, Gioia dei Marsi e San Benedetto dei Marsi, località dove la distruzione fu pressoché totale. Ad Avezzano rimase in piedi solo un edificio, nell’attuale via Garibaldi, in pieno centro. A ritardare i soccorsi ci fu il problema delle strade, Avezzano era rimasta completamente isolata. I piccoli borghi intorno furono raggiunte solo dopo diverse settimane. “I soldati giunsero per dare man forte alle operazioni di soccorso e mettere in salvo i pochi sopravvissuti. Allestirono un accampamento vicino alla stazione. Una zona, a quei tempi, pressoché disabitata. Non è un caso se proprio lì e nei dintorni della zona, da quelle numerose baracche, si sviluppò, in seguito, il centro di Avezzano – aveva ricordato lo storico Giovanbattista Pitoni ascoltato dalla redazione del Capoluogo – Fu costruita, poi, una strada, chiamata via Diagonale, che portava direttamente dal Municipio (non quello esistente) alla stazione. Era chiamata in questo modo poiché era l’unica strada non perpendicolare nella struttura della rete viaria della città”.
I soccorsi furono rallentati anche dalle condizioni meteo avverse: dopo il terremoto incominciò a nevicare, creando anche molti problemi per i soccorsi che riuscirono ad arrivare solo 2 giorni dopo il terribile evento sismico. San Luigi Orione fu tra i primi soccorritori. Ancora oggi è ricordato come personaggio mitico. Fu martire dei soccorsi. Dall’archivio centrale dell’Opera Don Orione riemergono alcuni documenti preziosi che ricordano il terribile terremoto della Marsica, tra cui una lettera di Don Roberto Risi, principale collaboratore di Don Orione a Roma. Tra i tanti venuti in soccorso, anche un’aquilana, l’ostetrica Maria Pacifici, di Paganica. Rimasta vedova a soli 26 anni, Maria aveva chiesto di poter lavorare e le fu offerto un posto nel Comune di Lecce nei Marsi. Insignita della medaglia d’oro nel 1961, si mosse per aiutare le donne colpite dal sisma a dare alla luce i propri figli. Proprio quel maledetto 13 gennaio, quando la terra continuava a tremare dopo la prima terribile scossa, Maria vide a terra una donna che già conosceva, perché incinta al nono mese di gravidanza. La donna era morta da poco, una delle 30mila vittime di un sisma assassino. Con lei era morto anche suo marito. Maria Pacifici riuscì a far nascere due gemelli. I piccoli, negli anni successivi al terremoto, furono accuditi dalla stessa ostetrica e dai vicini di casa, per tutto il tempo che poterono; poi furono affidati all’Orfanotrofio di Amatrice. Non furono solo due le vite nate da tanta distruzione. Gli annali di storia raccontano anche di Fortunata, una bambina venuta alla luce da una mamma coraggiosa, proprio tra le macerie. Madre e figlia, qualche tempo dopo, raggiunsero Roma: Fortunata fu ricoverata in ospedale per alcuni problemi di salute. A farle visita arrivò la Regina Elena, che regalò 500 lire alla bambina, facendole anche da madrina di Battesimo. La maggior parte dei feriti venne trasferita in ospedali romani; la “Casa Famiglia Regina Elena” che accoglieva gli orfani del terremoto, nei giorni seguenti, venne subissata di domande da parte di genitori che, non riuscivano a rintracciare i propri figli.
I Bollettini delle ricerche dove venivano stampate le fotografie dei minorenni superstiti, che dovevano essere identificati e dei quali si dovevano rintracciare le famiglie, venivano esposti presso i municipi, le stazioni ferroviarie, le stazioni dei carabinieri e presso i ricoveri dei senzatetto. Superata la prima fase di soccorsi urgenti, il delegato Civile, nel giugno 1915, incaricò l’Ing. Sebastiano Bultrini di compilare il piano Regolatore e di Ampliamento per la ricostruzione della distrutta Avezzano.

Terremoto Avezzano: le testimonianze dell’epoca
Le testimonianze dell’epoca fanno rabbrividire ancora oggi, 109 anni dopo, e raccontano i sentimenti di dolore e distruzione conseguenti il terremoto di Avezzano, come questa raccolta dal Corriere della Sera il 14 gennaio del 1915. “Nicolino Berardi esercitava il mestiere di vetturale e stamane si era recato nella scuderia, essendo stato accaparrato da un viaggiatore per condurlo a Massa d’Albe. Verso le 7,00 -egli ha detto- siamo partiti da Avezzano. Eravamo appena usciti dalla città quando all’improvviso il cavallo, che prima si era arrestato, rampando insolitamente il terreno, si è di nuovo rifiutato di proseguire. Nello stesso tempo si è inteso come un forte rombo. Il viaggiatore ha creduto fosse il rumore del treno; ma uno spettacolo di terrore ci si presentava alla vista. Nella località dove c’eravamo arrestati vi sono, a destra e a sinistra della via, delle cave di breccia e pozzolana che, come mosse da un invisibile, enorme piccone, hanno cominciato a franare. Un istante dopo giungeva fino a noi l’enorme fragore prodotto dalla rovina di numerosi edifici che erano come avvolti in una grande nube. Un bambino di circa 5 anni, nudo, correndoci incontro piangente e spaventato ci ha supplicato di recarci ad aiutare il padre a scavare fra le rovine in una casetta lì prossima, dove erano sepolti alcuni della famiglia sorpresi dal disastro mentre stavano alzandosi dal letto. Noi siamo accorsi, ma mentre stavamo per prestare l’opera nostra, è avvenuta una seconda scossa che ci ha messo in fuga”.
