Sant’Antonio, si rinnova la tradizione dei fuochi in Abruzzo

È la giornata dei fuochi benedetti in onore di Sant’Antonio Abate, un rito plurigenerazionale che porta con sè tanta allegria e buoni auspici. Le feste nell’Abruzzo interno Aquilano
È una tradizione antica, rurale, la cui origine si è persa nel tempo. Oggi è la giornata dei fuochi benedetti in onore di Sant’Antonio Abate, un rito plurigenerazionale che porta con sè tanta allegria, voglia di stare insieme e buoni auspici.
La festa in onore di Sant’Antonio Abate si rinnova ogni anno il 17 gennaio, infiamma l’inverno soprattutto nei piccoli comuni dell’hinterland aquilano e abruzzese in generale. Il culto del santo egiziano, protettore degli animali, è molto legato alla tradizione contadina in questi piccoli borghi. Tra sacro e profano ha una forte connotazione religiosa che presenta dei tratti pagani, legati a un periodo dell’anno dedicato da sempre al culto della famiglia e al riposo dal lavoro contadino, che prima si passava davanti al fuoco di un camino o di una stufetta, di quelle economiche e smaltate di bianco. Un atto di devozione con cui la popolazione affidava la custodia e la protezione di quanto avevano di più prezioso: la perdita di quegli animali, infatti, avrebbe potuto comportare per quelle economie fondate sulla sussistenza la rovina, il rischio concreto di andare incontro a lunghi periodi di stenti.

Una devozione che oggi ha lasciato il passo alla parte più ludica: un momento in cui si riscopre la musica popolare, fatta di strumenti e canzoni semplici e soprattutto, ovviamente, della gastronomia locale. La festa di Sant’Antonio in tanti paesi abruzzesi è legata anche all’uccisione del maiale, un altro vero e proprio rito al quale partecipano amici e parenti che collaborano nel pesante e duro lavoro. “Ru foc'” o “le farchie”, a seconda del dialetto, riuniscono gruppi familiari, amici, grandi e piccini, si raccontano storie, si beve, si mangia tutti insieme. Ognuno porta qualcosa, quello che si ha in casa e si sta in compagnia.
Su questa antica festa che si mescola tra riti sacri e pagani va ricordato che esiste un fondamentale studio del professore Alfonso Maria Di Nola, per un periodo Docente all’Università di Arezzo, nella registrazione dei Canti di questua e nelle inchieste condotte sul campo in varie località abruzzesi, confluite nel saggio Gli aspetti magico – religiosi di una cultura subalterna italiana ( Boringhieri, 1975). Sant’Antonio, come è noto, è rappresentato specie nelle immagini votive, attorniato da molti animali da cortile, fra cui il maiale, definito da sempre ‘la grascia’ e la ricchezza della casa contadina. Del pingue animale infatti non si buttava nulla e le stesse setole venivano utilizzate sia per la confezione di pennelli da barba che per imbottire i cuscini. Una delle canzoni più famose dedicate al Santo conosciuta in tutto l’Abruzzo, è “Sant’Antonio a lu deserte”; le numerose strofe ricordano, con spirito ludico, le tentazioni di sant’Antonio, le proverbiali lotte tra l’anacoreta e Satanasso.
Sant’Antonio allu diserte s’appicciava ‘na sicarette
Satanasse pe’ dispiette glie freghette l’allumette
Sant’Antonio nun se la prende cun lu prospere se l’accende
Sant’Antonio Sant’Antonio lu nemice dellu dimonie.
Sant’Antonio allu diserte se faceva la permanente
Satanasse le’ dispiette glie freghette la corrente
Sant’Antonio non s’impiccia, con le dita se l’arriccia
Sant’Antonio Sant’Antonio lu nemice de lu dimonie.
Sant’Antonio allu diserte se cuciva li pantalune
Satanasse pe’ dispiette glie freghette li buttune
Sant’Antonio se ne freghe cun lu spaghe se li lega.
Sant’Antonio Sant’Antonio lu nemice dellu demonie.
Sant’Antonio allu diserte cucinava gli spaghette
Satanasse pe’ dispiette glie freghette le furchette
Sant’Antonio nun se lagna cun le mani se le magna
Sant’Antonio Sant’Antonio lu nemice dellu dimonie.
Sant’Antonio allu diserte se lavava l’insalata
Satanasse pe’ dispiette glie tirette na sassata
Sant’Antonio lo prese pel collo e lo mise col culo a mollo
Sant’Antonio Sant’Antonio lu nemice dellu dimonie.
Sant’Antonio allu diserte se diceva le oraziune
Satanasse pe’ dispiette gli fa il verso dellu trumbune
Sant’Antonio col curtellone gli corre appresso e lo fa cappone
Sant’Antonio Sant’Antonio lu nemice de lu dimonie.
Vi saluto care amice lu signore ve benedice
e fa cresce lu patrimonio cun le grazie e Sant’Antonio
ca dimane Sant’Antonio lu nemice dellu dimonie
Sant’Antonio Sant’Antonio lu nemice dellu dimonie
Ma chi era questo Santo, chiamato in molte località lu varvùte (il barbuto)?
Antonio è un eremita nato a Koma in Egitto nel 251 e morto in un convento nei pressi del Mar Rosso nel 356. Di lui si ha una biografia redatta da un monaco dello stesso Convento, Atanasio, nella quale Sant’Antonio tutto appare fuorché protettore degli animali domestici, considerati dal Santo eremita creature del demonio che inducono in tentazione gli eremiti. Sant’Antonio diventa una specie di Signore degli animali in base ad un episodio agiografico che può essere così riassunto. Alla fine dell’XI secolo le reliquie del Santo erano state trasferite in Francia nella diocesi di Vienne (e precisamente in una cittadina che ancora oggi si chiama Bourg Saint’Antoine) da un nobile pellegrino, Gastone. Nel 1297 nacque l’ordine questuante degli Antoniani, il quale richiamandosi alla regola di Sant’Agostino si diffuse in seguito per tutta l’Europa. Una singolare specializzazione terapeutica degli Antoniani era quella di curare l’ergotismo cancrenoso, detto “ignis sacer” o fuoco di Sant’Antonio, mediante il grasso di maiale misto ad alcune erbe. Questa terribile malattia, che “divorava come il fuoco” soprattutto gli arti inferiori, destinati perciò spesso all’amputazione, era causata da un fungo che si sviluppava nella farina di segale cornuta, largamente impiegata nel basso medioevo dai ceti rurali ed indigenti per confezionare il loro pane quotidiano Sicché le comunità rurali provvedevano ad allevare i maiali, fornendo agli Antoniani il prezioso grasso con cui i frati curavano l’ergotismo, all’epoca epidemico. Cominciano così a diffondersi le prime immagini che raffigurano sant’Antonio con un porcellino ai suoi piedi e che, ancora nel XVII secolo, creavano non lieve imbarazzo ai teologi della chiesa di Roma, i quali non riuscivano a spiegarne i motivi.
Le cuttore di Collelongo: un rito che si rinnova da 4 secoli
Uno dei paesi in cui il culto di Sant’Antonio non ha perso il suo antico smalto è Collelongo, nell’Aquilano. La festa si svolge nelle “Cuttore”. Il termine deriva dalla grossa pentola dove si mette a cuocere il granturco che, dopo sei/sette ore di bollitura, diventa “i ceceròcche” (dal latino cicercrocus, cece rosso). Identifica il focolare che, al rintocco delle campane dei vespri del giorno 16, con la recita delle litanie – classica orazione di carattere apotropaico volta ad ingraziarsi la benevolenza del Santo – viene acceso con legna di ginepro. Le prime attestazioni storiche relative al culto di Sant’Antonio Abate a Collelongo risalgono allo scorcio del 1600, periodo in cui verosimilmente venne eretto l’Altare dedicato al Santo nella chiesa di Santa Maria Nuova. A partire dalla prima metà del XVII secolo iniziarono a comparire le registrazioni dei nati, dei morti e dei matrimoni dell’arcipretura di Santa Maria Nuova, Chiesa Parrocchiale del paese. Nel “Liber Mortuorum” si fa esplicita menzione della prassi di seppellire nelle pile cimiteriali poste al di sotto del piano pavimentale della Chiesa. In un documento del 1640, l’arciprete registrava una sepoltura sotto il pilastro di Sant’Antonio. Con molta probabilità il pilastro menzionato è relativo all’altare su cui è eretta la statua lapidea del Santo. Sul piedistallo di questa si conserva ancora oggi l’incisione di un restauro avvenuto in occasione della visita del Vescovo Corradini nel 1692.
Questa sarà la prima festa di Sant’Antonio senza Ottaviano Del Turco, il sindacalista, Ministro, presidente della Commissione Antimafia, Parlamentare Europeo e presidente della Regione Abruzzo che ha reso noto questo rito dell’Abruzzo interno. Per anni si sono succeduti ospiti illustri lungo le vie di Collelongo alla scoperta delle “Cottore” con l’illustre cittadino che fungeva da Cicerone.
Le celebrazioni in onore di Sant’Antonio Abate seguiranno l’ormai consolidato programma. Dalle ore 16:00 del 16 gennaio vengono aperte le cuttore, cuore pulsante della festa dove, fino alla mattina successiva, si potrà provare il calore dell’accoglienza e dell’ospitalità tra sorrisi, dolci, panini, vino, bevande calde e mangiare il piatto tipico di ogni Cuttora: I CICEROCCHI, granturco bollito in caldai di rame all’interno dei camini e successivamente condito. Alle 19:00 si provvederà all’accensione dei TORCIONI, grandi torce situate in Piazza della Chiesa e Piazza Ara dei Santi, che illumineranno e scalderanno l’intera nottata. Alle ore 21:00, da Piazza della Chiesa si snoderà la processione, aperta dalle tradizionali TORCETTE portate dai bambini, che accompagnerà il Vescovo, il Parroco e il Sindaco per la benedizione di tutte le cuttore. La notte proseguirà con il giro delle bande per le varie cuttore animando con la tradizionale canzone in onore di Sant’Antonio Abate.

All’alba del 17 gennaio, alle ore 06:00, in Piazza della Chiesa, è la volta della sfilata e premiazione delle CONCHE RESCAGNATE, tradizionali conche abruzzesi in rame abbellite con luci e rappresentazioni varie. Segue alle 07:00 la Santa Messa in onore del Santo. Nel pomeriggio invece i festeggiamenti si chiuderanno alle ore 15:00 con la benedizione degli animali ed i giochi popolari.
Ospitalità, passione, storia e tradizione.
I fuochi di Sant’Antonio accendono Alfedena: accatastati 800 quintali di legna
Una festa antica in onore di Sant’Antonio si rinnova anche ad Alfedena, piccolo borgo del Parco Nazionale d’Abruzzo, “il paese dei dottoi”. In ogni casa, le nonnine di una volta avevano almeno un’immaginetta del santo, sormontata da un piccolo ramoscello di ulivo che veniva benedetta dal parroco del paese. Per più di mezzo secolo c’è stato don Camillo Lombardi, oggi scomparso, devoto al santo e alla tradizione della festa. Oggi, a tenere viva la tradizione, ci sono tutti o quasi i giovani del paese che già da giorni stanno accatastando “le lena” per preparare i tanti fuochi che verranno accesi in vari punti del piccolo borgo. Questa festa viene considerata come il prolungamento delle festività natalizie, fatto dimostrato dagli addobbi ancora accesi e presenti sulle strade fino al 17 gennaio. L’assessore comunale Paolo Monacelli ha fornito una mappa ed è stato disposto anche un servizio navetta. Il programma è ricco con musica e stand gastronomici. I fuochi verranno accesi alle 15, alle 18 ci sarà la Santa Messa con la benedizione degli animali presso largo don Filippo Bunetti e la processione con la benedizione dei fuochi. Alle 19 verranno aperti gli stand in piazza e dopo la musica itinerante alle 21.30, sempre in piazza, ci sarà il concerto dei Man Stewart.

Fra i tanti giovani che animeranno questa giornata e che continuano a tenera viva la tradizione, merita sicuramente una menzione un “ex” ragazzo di Alfedena: Crispino Crispi, storico titolare di un alimentari in paese, da qualche tempo in pensione. Crispino è molto legato a un fuoco in particolare: quello della via Canapina, la “sua” strada dove abitava da ragazzo con i genitori Giovanni e Ida, molto conosciuti e stimati in paese, persone che non ci sono più e che fanno parte della memoria storica di un borgo dove in momenti come questi il tempo sembra cristallizzarsi.”Fuochista da sempre”, così si definisce, ha cominciato questa attività nel 1966, quando la via era abitata da tanti personaggi che hanno fatto la storia del paese. Oggi ad aiutarlo ci sono tanti ragazzi, tra cui il figlio Giovanni.

La tradizione vuole che ognuno porti quello che ha in casa: due patate da cuocere alla brace, il pane fatto in casa, un po’ di vino e, tra stornelli improvvisati, si ripercorrono le storie e gli episodi legati a tanti personaggi che hanno caratterizzato il paese e per chi ne ha ancora memoria anche la tragedia della Seconda Guerra Mondiale, che colpì molto queste zone che si trovavano lungo la linea Gustav e sotto lo scacco dei bombardamenti. Sulle tavole improvvisate spunta la panonta, le “lullitte e faciule”, le tanto amate “ciceranate”, che altro non è che granturco bollito nelle cottore e servito nei cartocci, ai tanti che hanno prima partecipato alla processione.

Proprio ad Alfedena, nel 1990, durante una delle feste in onore del Santo, cominciò a circolare l’idea di raccogliere tutte le canzoni del paese. Un lavoro certosino, portato avanti da Crispino insieme alla sorella. Da lì la nascita del coro “Senza pretese” composto da circa 30 ragazzi del paese, che due anni dopo fece anche un piccolo concerto in piazza.


Le foto riguardanti Alfedena sono di Francesca Leoni, amministratrice della pagina Facebook “Sei di Alfedena se” e dell’assessore comunale di Alfedena, Paolo Monacelli.
La rievocazione a Capitignano
Dopo Alfedena, anche Capitignano si prepara alla consueta rievocazione della festa in onore di sant’Antonio Abate. Come molti degli usi e costumi vigenti nei tempi passati e tramandati oralmente di generazione in generazione, anche la tradizionale festa di Sant’Antonio viene ancora oggi conosciuta attraverso la memoria e rievocata in tantissime località rurali d’Italia, nonostante le radicali trasformazioni socio-economiche degli ultimi decenni. La data è quella del 17 gennaio di ogni anno, coincidente con la nascita di sant’Antonio e con l’inizio del Carnevale. In ogni realtà la festività si svolge con spirito meramente ludico ma senza rendersi conto del profondo significato storico-antropologico che hanno tali rituali. La festività di Sant’Antonio, meglio conosciuto nel mondo rurale abruzzese come Sant’Andònie de jennàre o de lu porche, è ricca di riferimenti sociali e religiosi nonché di significati antropologici che meritano di essere analizzati anche sotto il profilo storico.
La narrazione tramandatasi nel tempo a Capitignano non si discosta molto da quella più comune che racconta dei fuochi (le farchie) in ogni quartiere, dei balli, delle musiche, delle pietanze tipiche luogo per luogo in offerta, della benedizione degli animali e del sale e che così viene trasmessa alle generazioni del nostro paese “Dove gli si fa notte”, questo era il detto ricorrente nel mese di gennaio dedicato al culto di Sant’Antonio Abate. Un maialino, già nei mesi precedenti veniva allevato dall’intero villaggio. Quando, lasciato libero entrava nelle case, era segno di buon auspicio per la protezione degli animali. La sera era ospitato in una delle tante stalle del paese. Il giorno della Vigilia di Sant’Antonio veniva macellato. Le zampe, “gli zampitti”, venivano messi all’asta e chi si aggiudicava il palio, il 17 gennaio preparava il maiale, poi offerto alla comunità con il farro, la “quagliata”, le rape rosse, i tagliolini e i fagioli. Nella ricorrenza gli animali erano coperti con nastri colorati e ghirlande e poi venivano benedetti fuori dalla Chiesa. Gli uomini portavano cesoie e tenaglie incrociate, simbolicamente preservavano gli animali. Quelli domestici, invece, entravano in Chiesa e lì venivano benedetti”. Questa amata tradizione fu riproposta dal Comitato ’97 Pro San Flaviano” (Patrono di Capitignano) nell’anno 1997 di concerto con la civica Amministrazione. Da quasi 30 anni, quindi, su coordinamento del Presidente del Comitato, Pio Fulvi, la tradizione è stata ininterrottamente rievocata, sempre in collaborazione con le Amministrazioni civiche succedutesi nel tempo e con alcuni volenterosi cittadini.
“I Lupi della Maiella’ animano il Sant’Antonio ai piedi del Sirente” a Castelvecchio Subequo.
I festeggiamenti a Pizzoli
Cani, gatti, cavalli, galline e asini in piazza a Marruci di Pizzoli per la benedizione: partono ufficialmente i festeggiamenti in onore di Sant’Antonio Abate. Asta, celebrazioni liturgiche, pranzi e cene in famiglia. Momento principe della tradizione, domenica 19 gennaio, quella più tradizionale appuntamento a Pizzoli. Giro bandistico per il paese, benedizione degli animali, santa messa,
processione delle statue di Sant’Antonio Abate e della Madonna della Neve accompagnate anche dalla banda, asta tradizionale e successiva estrazione della lotteria ed infine lo sparo pirotecnico conclusivo. Inoltre quest’anno sarà presente anche l’animazione per i più piccoli con trucca bimbi.
