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La giornata della Memoria, a distanza di 80 anni dalla Shoah tra storia e umanità

27 gennaio 2025 | 15:43
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La giornata della Memoria, a distanza di 80 anni dalla Shoah tra storia e umanità

Il giorno della Memoria si celebra il 27 gennaio. In questa data si ricordano le vittime della Shoah e si promuove la riflessione sul valore della memoria storica per evitare il ripetersi di simili tragedie in futuro. Il ricordo di Nando Giammarini

Il giorno della Memoria si celebra il 27 gennaio, giorno della liberazione di Auschwitz nel 1945. In questa data si ricordano le vittime della Shoah e si promuove la riflessione sul valore della memoria storica per evitare il ripetersi di simili tragedie in futuro.

A questo fine Primo Levi, grande scrittore italiano sopravvissuto all’inferno di Auschwitz, nel suo libro” Se Questo è un uomo”, capolavoro della letteratura mondiale scriveva: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”.  Queste parole possono rappresentare il giusto viatico per chi compie un viaggio ad Auschwitz, il cui scopo è vedere la follia della Shoah e lottare affinchè un simile orrore scompaia per sempre dalla faccia del globo terrestre. Il termine Shoah è stato recentemente introdotto per indicare l’Olocausto, cioè il genocidio della razza ebraica perpetuato dalla Germania nazista guidata da Hitler prima e durante la Seconda Guerra Mondiale.Questa giornata, istituita nel nostro Paese nel 2000 e nel 2005 in tutto il mondo,non deve essere solo un omaggio alle vittime innocenti del nazi fascismo ma occasione di studio e riflessione che ci riguarda tutti da vicino. Nella mia coscienza di uomo pacifista – con alto senso di umanità- e generoso avverto forte l esigenza di analizzare i motivi di una simile bestialità della mente umana e non finisco mai di cercare una spiegazione al mio perenne chiedermi come sia stata possibile tale strage di innocenti. Il 27 gennaio 1945 il campo di concentramento di Auschwitz e Birkenau fu liberato dall’Armata Rossa. Fonti storiche rivelano che le belve nazi – fasciste avevano avuto sentore dell’imminente liberazione e cercarono di smantellare quel luogo di atroci sofferenze dove non si ebbe pietà nemmeno per poveri bambini indifesi o gli anziani. Già intorno alla metà di gennaio, le SS iniziarono ad evacuare il complesso: circa 60.000 prigionieri vennero fatti marciare prima dell’arrivo dei russi. Di questi prigionieri, si stima che tra 9.000 e 15.000 siano morti durante il tragitto, in gran parte uccisi dalle SS perché non riuscivano a reggere i ritmi incessanti della marcia. Altri prigionieri, circa 9.000, erano stati lasciati nel complesso di campi di Auschwitz perché malati o esausti: le SS intendevano eliminarli ma non ebbero il tempo per farlo prima dell’arrivo dei sovietici . Loro riuscirono invece ad eliminare, attraverso l’esplosione di diverse strutture che contenevano i forni crematori, accesi giorno e notte, dove venivano bruciati i cadaveri delle persone uccise, dell’altro. Quando la 60esima armata dell’esercito sovietico arrivò al campo principale di Auschwitz, intorno alle 15.00, e dopo una battaglia in cui persero la vita più di 200 sovietici, trovò davanti a se’ uno scenario agghiacciante: circa 9.000 prigionieri, i più deboli e ammalati, erano stati lasciati indietro, 600 di loro erano già morti. La stampa sovietica non accolse con troppo clamore la liberazione di Auschwitz, e tuttavia la giornata del 27 gennaio è andata ad assumere col tempo un significato simbolico: quello della fine della persecuzione del popolo ebraico. I sovietici trovarono tantissimi cadaveri, che i nazisti non erano riusciti a far sparire, e in 6 magazzini su 35 sopravvissuti agli incendi, rinvenirono 44 mila paia di scarpe e migliaia di abiti. Ma soprattutto montagne di cenere che solo successivamente capiranno essere i resti di migliaia e migliaia di poveri corpi di ebrei, zingari, cinti, omosessuali, malati di mente e oppositori politici cremati nei famigerati forni. Ne scrivo, con immane sofferenza a 80 anni dalla tragedia, come obbligo morale, per assolvere ad un dovere di testimonianza, appresa dai libri, della coscienza. Voglio urlare tutto il mio dolore e la relativa rabbia unitamente ad una ferma condanna per quella devastante ferocia, quel crimine perpetrato contro l’umanità. A mio modesto parere non è sufficiente limitarsi a condannare il male che si e’ fatto a milioni di esseri umani ma studiare e capire come cio’ sia potuto accadere. E soprattutto impegnarsi affinchè questa tragedia del Novecento non si verifichi mai più.