Leonardo Luciani da Capistrello al campo di Stalag II-D, medaglia d’onore al soldato dalla storia dimenticata

In occasione della Giornata della Memoria, vi raccontiamo la storia di Leonardo Luciani, da Capistrello al fronte, fino alla deportazione nel campo Stalag II-D
Una medaglia d’onore alla memoria di chi non c’è più, perché la memoria è quel che resta di una grande storia che nessuno può né deve dimenticare.
E tra le pagine di questa storia, ce n’è una che porta il nome di Leonardo Luciani, nato a Capistrello, partito per la guerra e deportato in un campo di prigionia in Polonia.
Rischiava di finire impolverata, nascosta nell’ultimo scaffale di una remota biblioteca dimenticata la storia di Leonardo Luciani, militare internato che oggi, 27 gennaio, sarà ricordato in Prefettura all’Aquila, dove saranno consegnate le medaglie d’onore in memoria dei soldati che, negli anni della seconda guerra mondiale, subirono la deportazione. Invece, l’impegno dei suoi familiari ha condotto ad un’attività di ricerca e ad una documentazione che porterà oggi suo nipote, l’omonimo Leonardo Luciani, a ritirare la medaglia d’onore in ricordo del nonno.
A portare avanti la memoria di Leonardo, allora, c’è un’intera famiglia che da lui ha sentito poco o niente del periodo più buio e difficile della sua vita, quello vissuto nel campo di prigionia Stalag II-D,dal 10 settembre del 1943 al 3 settembre 1945. Una famiglia che ha scelto di trasmettere quel ricordo a partire dal nome di Leonardo. “C’è un aneddoto sulla storia di mio nonno e riguarda il suo ritorno. Nel suo viaggio da Avezzano a Capistrello, percorse la strada a piedi costeggiando la ferrovia. Era notte e riusciva ad orientarsi con l’aiuto di un bastone con cui strusciava il muro. Giunto dinanzi al suo casale, si è seduto esausto sul muretto all’esterno e si è fermato come incantato ad osservare casa sua. Non pensava che sarebbe mai riuscito a rivederla. Restò così, ringraziando Dio, fino all’alba“. A parlare è Leonarda Luciani, un’altra nipote del soldato Luciani, che sorridendo ci spiega: “Già…Come si dice da noi: mio nonno è stato ‘riallevato’ due volte. Prima sono nata io, poi mio cugino Leonardo. Entrambi portiamo il nome di nostro nonno”.
Inizia dalla fine, allora, il racconto della storia di Leonardo. Mancano pagine, ricordi, momenti che il soldato Luciani – partito per combattere con la Germania e tornato con la Germania che lo aveva fatto prigioniero – non ha mai voluto raccontare ai suoi familiari, ma di cui ogni tanto parlava con qualche ospite, in casa, mentre i suoi figli ascoltavano, ancora troppo piccoli per capire cosa ci fosse dietro quelle parole quasi sussurrate.
Quelle pagine abbiamo provato a ricostruirle proprio con Leonarda, ma anche con l’aiuto di Lavinio, l’ultimo dei cinque figli di Leonardo, il quale, negli anni, si è attivato in prima persona per recuperare informazioni, documenti e attestazioni che ricostruissero, pezzo dopo pezzo, una storia che non poteva essere dimenticata e che meritasse, almeno, una medaglia. “Non è semplice parlare della storia di mio nonno. Molte sono le cose che abbiamo ipotizzato, anche sulla base delle informazioni recuperate. Da ciò che abbiamo letto, Stalag II-D era uno dei pochi campi di prigionia in cui gli internati non soffrivano la fame. Era un campo di lavoro e abbiamo pensato che mio nonno sia stato impegnato in lavori agricoli”, sottolinea Leonarda. “Del resto, lui si è sempre dedicato all’agricoltura, già prima di partire per la guerra: perché la sua era una famiglia di agricoltori e allevatori. Pensate che mio nonno riprese a praticare queste attività anche una volta tornato a Capistrello”.
E poi c’è Lavinio.“Mio padre era il primogenito di dieci figli – ci racconta. – Fece la campagna d’Africa e per un caso fortuito non partì per Cefalonia. Due o tre giorni prima della partenza, infatti, si ferì a un dito: quando il suo reparto partì, lui si trovava in infermeria. Poi è arrivata la chiamata in guerra, fu inviato sul fronte polacco“, aggiunge Lavinio. “Stava combattendo accanto ai tedeschi fino a quando ci fu l’armistizio, l’8 settembre del 1943. La notizia dell’armistizio mise immediatamente i soldati italiani in pericolo: partirono gli arresti, perché quei soldati alleati sono diventati improvvisamente nemici. Così mio padre fu catturato, vicino Stettino, nell’estremo nord della Polonia”.
Di quel periodo, ribadisce Lavinio, “non parlava mai. Tuttavia, a me erano rimasti impressi alcuni discorsi che mio padre faceva con parenti che venivano a trovarci. Io, a quei tempi, ero ancora adolescente, non ascoltavo con particolare attenzione. Non lo ricordo parlare di guerre, quindi anni fa decisi di fare delle ricerche per ricostruire un pezzo di storia di mio padre”. Non appena compiuti 18 anni, Lavinio si è recato nel Distretto militare di Chieti, portando con sé il foglio matricolare: in questo modo, è riuscito ad avere le notizie raccontate.
Sui due anni di prigionia, tuttavia, non si sa molto. Ma Leonardo Luciani, da Capistrello, avrà una medaglia d’onore in sua memoria. Ed oggi ha, soprattutto, una famiglia che continuerà a ricordarlo, ogni giorno.
La sua vita, dopo quella notte in cui si era fermato a osservare casa sua, quella stessa casa in cui pensava non sarebbe più tornato, è andata avanti.
Tra i campi, l’amore, i figli e poi il lavoro da minatore nel paese dei minatori: Capistrello.
Il paese dove, oggi, la nipote Leonarda ha ripreso l’attività di famiglia, tramandata di generazione in generazione. “Abbiamo un’azienda agricola, alleviamo pecore e capre – ci spiega – Inoltre, abbiamo anche un piccolo caseificio. Il nostro è un progetto in work in progress: nel senso che a breve contiamo di organizzare una vera e propria fattoria didattica, per poi realizzare un asilo nel bosco. Il sogno, però, è ancor più grande. Cioè quello di riportare a nuova vita il Casale Tascone, dal soprannome di mio nonno. Un casale che anticamente era l’area delle stalle: oggi restano macerie, ma la nostra speranza è rimetterlo in piedi”.
Leonardo Luciani è morto a 57 anni. Lavinio, il suo figlio più piccolo, aveva soltanto 14 anni. “Soffriva di silicosi. Certamente, la guerra, il periodo nel campo di prigionia e il lavoro da minatore non lo avevano aiutato”, è la triste constatazione di Lavinio.
Eppure, non è questa l’ultima pagina della storia di Leonardo, perché dal Casale Tascone e dalla volontà di Leonarda potrebbe partire un nuovo capitolo in cui ricordi e memoria potranno dare a lui e a tanti martiri della storia tutte quelle pagine che la vita gli ha sempre negato.
“Vorrei che si recuperasse il senso d’identità e l’attaccamento al nostro paese. E per farlo bisogna partire riscoprendo la storia del nostro territorio e di chi il paese ha dovuto lasciarlo negli anni delle guerre. Oggi si rischia di perdere ricordi, mentre perdiamo i protagonisti di tali ricordi. Per questo, insieme a tante realtà del territorio, stiamo cercando di raccogliere informazioni e dati storici per creare un archivio, perché no anche un Centro studi. Conservare la nostra storia significa ricordare ciò che è stato, chi è stato e chi si è battuto affinché ci fosse un domani migliore. È un nostro dovere”.