Violenza negli stadi, è una questione di cultura: ripartiamo dalle scuole calcio

31 gennaio 2025 | 08:03
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Violenza negli stadi, è una questione di cultura: ripartiamo dalle scuole calcio

“Negli stadi entrano tutte le facce della società, ecco perché entra anche la violenza: perché la violenza è in casa nostra, a scuola, per strada. Bisogna lavorare in primis sulla prevenzione, poi sui provvedimenti repressivi”. L’intervista ad Antonio Papponetti, già dirigente nazionale FIGC

La violenza negli stadi è un problema di cultura. Parola di Antonio Papponetti, già dirigente sportivo che ha ricoperto, in passato, importanti ruoli nazionali in FIGC.
“Negli stadi entrano tutte le facce della società, per questo c’è la violenza: perché la violenza è dentro casa nostra, nelle nostre famiglie, a scuola, per strada. La domanda è, come combattiamo questa violenza?”.

Continuano a far discutere gli scontri tra tifosi allo Stadio Gran Sasso d’Italia, dopo la partita tra L’Aquila 1927 e Sambenedettese.
Un episodio per affrontare il tema della violenza negli stadi insieme a chi di stadi, nella vita, ne ha visti tanti, lavorando dietro le quinte e ricoprendo ruoli importanti all’interno della FIGC. Parliamo di Antonio Papponetti, già dirigente sportivo, arbitro, presidente dell’AIA L’Aquila, del Comitato Regionale dell’Abruzzo dal 1984 al 2001 e del Settore giovanile e scolastico della FIGC dal 2001 al 2004.
In uno stadio arriva tutto quello che c’è fuori per questo entra anche la violenza. Siamo noi a doverci chiedere come sconfiggerla. E potremmo iniziare facendo cultura, perché lo sport è cultura. Per questo iniziamo da bambini e iniziamo dai bambini”, sottolinea Papponetti ai microfoni del Capoluogo.

violenza stadi

“Spesso è anche un problema di numeri – continua Papponetti – Il Calcio è uno sport molto seguito, quindi siamo di fronte a grandi numeri e, va da sé, che sia difficile controllare tutte queste persone. Così ci sono episodi, spesso anche di esibizione, da parte di tifoserie che si militarizzano. Nelle curve arriva di tutto. Abbiamo esempi tra le stesse grandi società: Inter, Juventus, Milan, Lazio. Le curve spesso si fondano su sistemi criminali: abbiamo visto infiltrazioni della Camorra, omicidi, ritorsioni nei confronti delle società… Come si riesce a controllare queste masse? Parliamo di ultras che gestiscono la vendita dei biglietti, i parcheggi, il merchandising pirata dei club”. 

“La FIGC si impegna nel promuovere iniziative che incentivino l’aggregazione, l’unione e un sano spirito sportivo. Pensate che negli anni in cui ho ricoperto la carica di presidente del settore giovanile nazionale, inventai il Fuoriclasse Cup, una manifestazione che raccoglieva 15mila scuole in Italia. Vinceva non soltanto chi realizzava la miglior squadra, ma anche chi realizzava il miglior giornalino. Così, l’insegnante insieme a chi non sapeva giocare a calcio, partecipava comunque. Come? Lavorando proprio al giornalino. Questa era una formula per provare ad avvicinare gli studenti alla cultura. Perché cultura non è solo letteratura, ma è anche quel calcio fatto in un certo modo. Ecco perché le scuole calcio sono importantissime: non sono i posti in cui i genitori parcheggiano i propri figli, sono luoghi di condivisione e crescita dove i giovani possono imparare tanto“. 

La cultura, quindi, come azione di prevenzione: Discorso a parte, poi, va fatto sulla repressione.
“La repressione è molto importante per frenare episodi violenti nello sport – aggiunge Papponetti – perché fa capire che certe azioni non devono accadere e che lo stadio non è un posto in cui vige l’impunità. Ci vuole collaborazione e organizzazione tra società sportiva, forze dell’ordine e tra gli stessi sportivi, solo in questo modo si arriverà a domeniche di festa, in cui famiglie, bambini e giovani potranno andare allo stadio e godersi l’evento in serenità”.