Alessandro Grimaldi, l’eredità della pandemia e lo spettro del Long Covid 5 anni dopo

1 febbraio 2025 | 16:06
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Alessandro Grimaldi, l’eredità della pandemia e lo spettro del Long Covid 5 anni dopo

Tra poche settimane cade il quinto anniversario dell’inizio della pandemia e ancora stiamo pagando le conseguenze del Covid 19. L’intervista ad Alessandro Grimaldi. “Il virus ha lasciato strascichi importanti”.

A cinque anni dall’inizio della pandemia, sono tanti i pazienti ricoverati in ospedale durante le fasi più acute dell’emergenza (marzo2020/marzo 2021) che presentano ancora sintomi dovuti alla cosiddetta “Pasc”. Lo afferma, sentito dal Capoluogo, il professore Alessandro Grimaldi, presidente dell’Ordine dei Medici dell’Aquila, primario del reparto di Malattie infettive dell’ospedale San Salvatore e docente della stessa materia presso l’ateneo aquilano, capo dipartimento di Medicina della Asl 1. 

Di recente, il professore Alessandro Grimaldi è stato eletto – si tratta della prima volta per un aquilano – nel comitato centrale FnomCeo (Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri). Una bella soddisfazione per guardare avanti, al futuro, con ottimismo, soprattutto 5 anni dopo quella che viene ancora considerata la “data zero” che ha segnato il “pre” e il “post Covid 19“. Il 29 gennaio 2020 a Romafurono ricoverati i primi due pazienti risultati positivi al Covid 19, era una coppia di turisti che proveniva dall’epicentro del virus Wuhan. Il 21 febbraio, poche settimane dopo, l’Italia si svegliò con la notizia del primo caso autoctono di Covid 19, a Codogno, dove il tampone eseguito su un giovane che presentava difficoltà respiratorie risultò positivo. Da allora l’incubo. La speranza di uscirne arrivò il 27 dicembre, quasi un anno dopo, quando all’ospedale Spallanzani di Roma un’infermiera fu la prima vaccinata in Italia contro il Covid. Gradualmente, nonostante le successive ondate, il vaccino aiutò a sconfiggere il “mostro”. Di pari passo iniziò un’altra pandemia, quella dei pro e i contro, con il dilagare di fake news che viaggiavano soprattutto sui social. Ancora oggi non si è fermata, anzi c’è chi afferma con certezza che tra i vaccinati contro il Covid è in corso una strage. Il professore Grimaldi, anche lui ‘in trincea’ con la sua équipe durante tutta l’emergenza sanitaria, sottoposto a turni massacranti, con la vita dei pazienti in mano e con il pericolo costante di contrarre il virus, oggi è ancora convinto che, “Solo grazie ai vaccini siamo riusciti a debellare e a uscire fuori dalla fase più violenta e acuta dell’emergenza. Lo abbiamo già detto: il Covid purtroppo non si sarebbe estinto con un decreto”.

alessandro grimaldi

5 anni dopo il virus non possiamo dire di averlo debellato del tutto, ma non fa più paura. Come accaduto anche in passato, si è modificato, è meno violento, meno aggressivo, soprattutto“Il vaccino ha assicurato una copertura. È stato un’arma utile, preziosa, fondamentale. Non possiamo dimenticare i milioni di morti in tutto il mondo a causa del Coronavirus. E non dobbiamo dimenticare che, soprattutto negli anziani e nei fragili che lo hanno contratto e sono riusciti a venirne fuori, in molti casi ha lasciato strascichi ancora evidenti 5 anni dopo”. Grimaldi si riferisce al “Long Covid”, una sindrome clinica che interessa una buona parte di coloro che hanno contratto il virus e dopo hanno registrato la persistenza o l’insorgenza di segni e sintomi persistenti legati all’infezione. A riguardo, al termine della prima ondata, nel 2020, è stato verificato che il Coronavirus non ha causato solo danni all’apparato respiratorio, anche a quello cardiaco e ad altri organi. 

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“Nel nostro reparto e in tutto l’ospedale è stato fatto il possibile per affrontare l’emergenza. Per noi è stato comunque un nuovo ‘addestramento’, fortunatamente qualche anno prima con i fondi finalizzati per l’Aids feci ristrutturare tutte le stanze della nostra unità e avevano già i ricircoli d’aria. Il reparto – ricorda ancora il primario – era uno dei pochi che aveva stanze a pressione negativa, un fattore utilissimo vista l’altissima contagiosità e letalità. Non sapevamo ancora quali fossero le cure efficaci e all’inizio si andava un po’ per tentativi, senza nessuna prospettiva.Non c’era certezza su quanti dispositivi avevamo a disposizione, tanto che insieme ai colleghi facemmo un appello per avere mascherine, guanti monouso, tute…Ancora oggi ringrazio tutto il mio gruppo per l’imponente lavoro, i cittadini, le istituzioni e le associazioni che ci hanno fatto sentire la loro vicinanza. Siamo stati i primi a fare ‘addestramento’, dalla vestizione prima di entrare in reparto e prima di uscire e utilizzando le cautele per evitare il contagio siamo riusciti a lavorare in sicurezza senza contrarre il virus in ospedale. Siamo stati fortunati perchè nel 2012 avevamo fatto ‘scuola’ con l’ebola. Non potrò mai dimenticare che uscii da casa mia a Teramo una sera dei primi di marzo per venire a L’Aquila e rientrai circa 70 giorni dopo. Sono stati anni difficili ed è nostro dovere non dimenticare, ma fare tesoro di quanto accaduto”. 

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