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Le Foibe non appartengono a nessun partito, l’ANPI: i morti sono un monito per tutti

10 febbraio 2025 | 12:14
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Le Foibe non appartengono a nessun partito, l’ANPI: i morti sono un monito per tutti

Il Giorno del ricordo è l’occasione per capire la vicenda che segnò l’Istria e la Venezia Giulia, di cui il dramma delle Foibe fu il feroce epilogo. Il ricordo dell’ANPI

Giorno del ricordo il dramma delle Foibe, la ferocia della guerra, il fascismo di confine. Il ricordo dell’ANPI. 

Il Giorno del ricordo è l’occasione per capire e approfondire la vicenda drammatica che segnò l’Istria e la Venezia Giulia di cui il dramma delle Foibe e l’esodo degli istriani fu il feroce epilogo. In quei luoghi la violenza, esplosa già nella 1^ guerra mondiale, raggiunse livelli estremi e in questo scenario si collocano le Foibe tra il ‘43 e il ‘45. Le foibe non appartengono a questo o a quel partito. I morti sono un monito per tutti e così vanno rispettati: per questo condanniamo la profanazione del memoriale di Basoviza.

Dalla storia ci viene proprio la lezione dell’area di confine italo-slovena, dove lingua e religioni si fondono, si accomunano usi e costumi di popolazioni che non dovrebbero essere separate da una artificiosa e ideologica linea di confine. Con gioia salutiamo la scelta di unire Gorizia e Nova Gorica, città divise da un muro virtuale, che quest’anno sono insieme Capitale europea della Cultura con l’obiettivo di superare le frontiere, un’utopia che spinge istituzioni e popoli ad andare oltre i confini e a costruire un mondo più unito e solidale.

Le foibe e il fascismo di confine

La condanna severa di quella storia non avrebbe senso se non si conosce il “fascismo di confine” che, dal 1919 in poi, insanguinò quelle terre con distruzioni, violenze e omicidi contro le minoranze slovene e croate, gli oppositori politici antifascisti, le comunità ebraiche. Poi dal ’41, con l’invasione italiana dell’ex Jugoslavia, i fascisti, agli ordini di generali accusati di crimini di guerra, si resero responsabili di stragi efferate, internamenti mortali di civili in lager, atrocità contro le popolazioni locali. Il fascismo italiano non solo occupò l’Etiopia e commise delitti inauditi in Libia, Grecia, Albania: dal ‘41 pretese che popoli come quello sloveno fossero snazionalizzati, annientati, negò loro il diritto ad avere lingua e patria.

In Slovenia durante l’occupazione nazifascista ci furono 4.000 ostaggi fucilati, 1.900 torturati o arsi vivi, 1.500 morti nel campo di concentramento di Arbe, migliaia di internati a Gonars e in Veneto. Nella Risiera di San Sabba i nazisti allestirono l’unico forno crematorio in Italia, nel quale vennero bruciati i corpi di 5.000 persone, civili e resistenti sloveni, croati, italiani ed ebrei. Con la “pulizia etnica” in Jugoslavia morì un milione di persone su neanche 15 milioni di abitanti. Con la caduta del fascismo e la fine della guerra, in quei luoghi maturò il dramma delle Foibe, si scatenarono esecuzioni sommarie, feroci vendette in risposta ai crimini italiani, violenze d’ogni genere, rancori politici e personali. Riconoscere tutto ciò – insieme all’azione dello stato Jugoslavo che voleva istaurare una nuova forma di identità italiana minoritaria – significa dare al dramma delle foibe, al ricordo delle vittime, al calvario dell’esodo degli istriani il vero, profondo, tremendo significato delle conseguenze della guerra. Negazionista è proprio chi rimuove tutto ciò e costruisce una narrazione faziosa, in palese contrasto con la tragica dinamica dei fatti del tempo e con la stessa legge sul Ricordo, con l’evidente obiettivo di riscrivere la storia ignorando o nascondendo i crimini del fascismo.

Foto di: Ansa