Pierluigi Biondi: il mio Gioacchino Volpe

17 febbraio 2025 | 11:02
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Pierluigi Biondi: il mio Gioacchino Volpe

Il sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi è intervenuto alla cerimonia di conferimento del Premio Gioacchino Volpe, a Palazzo Pica Alfieri

Premio Gioacchino Volpe, il sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi è intervenuto alla prima edizione del premio letterario nazionale che ha celebrato i suoi vincitori a Palazzo Pica Alfieri, dove si è tenuta la cerimonia di conferimento. Di seguito il discorso.

Vorrei raccontarvi “il mio Gioacchino Volpe”, che mi ha nutrito attraverso la sua moderna e sofisticata visione storiografica, il suo universo etico, il suo indubbio talento di intellettuale, il suo essere orgogliosamente e amorevolmente aquilano, abruzzese.

Condivido con voi quattro istantanee del mio percorso di crescita, che ci ha condotti qui, oggi, a celebrare Gioacchino Volpe attraverso il Premio a lui dedicato.

La prima, mi riporta alla mente mia madre, la sua passione per il teatro e i racconti degli spettacoli visti rigorosamente dal loggione, postazione di tendenza per i giovani degli anni Settanta del Novecento.

Accogliendo la richiesta di un testo originale per il Teatro Stabile dell’Aquila, Ignazio Silone per scrivere “L’Avventura di un povero cristiano” consultò diverse opere storiografiche, tra le quali “Movimenti religiosi e sette ereticali”, in cui Gioacchino Volpe raccolse i suoi saggi scritti tra il 1907 e il 1912.

La pubblicazione, attraverso l’analisi dei fenomeni religiosi presenti in Italia tra l’inizio del secondo millennio e il Trecento, mette in evidenza lo scontro di poteri nella Chiesa e i suoi protagonisti, tra i quali non poteva mancare Bonifacio VIII.

Pagine, queste di Volpe, di ispirazione per il dramma siloniano che, nell’ultimo quadro ambientato all’interno del Palazzo Caetani ad Anagni, ci rappresenta un duro confronto tra Bonifacio VIII e Pietro Celestino, portatori di due opposte concezioni della Chiesa.

Il primo esponente della “boria di dominio teocratico”, definizione dello stesso Volpe; il secondo sostenitore coraggioso di una Chiesa povera e libera dal potere e pienamente testimone della misericordia di Dio, come ci ha ricordato proprio all’Aquila Papa Francesco, primo pontefice, dopo 728 anni, ad aprire la Porta Santa della basilica di Collemaggio in occasione della Perdonanza del 2022.

La seconda istantanea mi riporta tra i banchi del quinto E del Liceo scientifico Bafile, alle lezioni sulla Grande Guerra del prof. Cavalieri.

Gioacchino Volpe da storico sul campo, raccontò l’Italia della prima guerra mondiale e il popolo in armi, rivelando un “sobrio amor patrio senza fanatismi”.

Volpe, nella scrittura scorrevole delle pagine di storia, rivela uno stile da cronista, acquisito durante il tirocinio al Mattino di Napoli, giornale fondato da suo cugino Edoardo Scarfoglio e da sua moglie Matilde Serao.

L’esperienza della Grande Guerra fu decisiva per trasformare Volpe nel più importante storico dell’Italia in cammino.

Storico che non rinunciò mai alla sua umanità, che andava oltre le scelte politiche, come dimostra la critica al razzismo e la difesa di Ernesto Buonaiuti e dei fratelli Rosselli.

La terza istantanea mi porta al terremoto del 6 aprile 2009, alla generosità degli alpini e delle loro associazioni di volontariato.

Ero sindaco di Villa Sant’Angelo all’epoca e nei rari momenti di riposo, quando gli occhi non riuscivano a chiudersi, rileggevo con la mente il coinvolgente e delicato racconto sul “popolo in grigio-verde”.

Gli eroi positivi di Volpe sono stati gli alpini: “una magnifica truppa con spalle salde, garetti d’acciaio, tolleranti ad ogni disagio (…) Potevano esserci differenze fra alpini piemontesi o friulani, lombardi o abruzzesi, ma la montagna aveva dato stampo comune, quasi un popolo entro un popolo, un esercito entro un esercito”.

L’ultima istantanea mi vede sindaco dell’Aquila, l’impegno per la sua rinascita; la convinzione della forza rigeneratrice della cultura e la sua capacità di ridare forma e anima alla comunità dispersa; la cura per rendere la Perdonanza celestiniana un evento di respiro internazionale; il raggiungimento dell’obiettivo dell’Aquila capitale della cultura 2026, di cui questa prima edizione del Premio Volpe ne è una delle pietre miliari.

Oggi, sarebbero da rileggere le pagine di quella preziosa pubblicazione della casa editrice del figlio di Gioacchino, Giovanni, dal titolo “Ritorno al paese. Paganica”, illustrato con acqueforti originali di Sigfrido Bartolini.

Era il 1920 quando Volpe torna al “natio Abruzzo”. Nel libro racconta che si fermò due giorni all’Aquila per rivedere, non tanto le cose nuove, quanto quelle vecchie con occhi di un quarantenne, rispetto a quando le vedeva senza guardarle veramente, a 12 anni.

I suoi ricordi dell’infanzia lo riportano davanti a quella che lui chiama “la mia impareggiabile Santa Maria di Collemaggio, sacra a Pier Celestino”.

Più che un ritorno, il suo è un percorso dell’anima attraverso i luoghi del cuore; è il racconto dell’amore per le sue origini, la testimonianza di come le radici identitarie sono ricordo che si fa memoria.

Radici che aggiungono all’approccio scientifico dello storico, l’espressività valoriale della terra atavica.

La vita di un personaggio come Gioacchino Volpe non si può racchiudere in poche battute.

La sua è una personalità complessa e semplice allo stesso tempo. Complessa come può essere la storiografia, della quale Volpe è stato uno dei più interessanti rappresentanti del Novecento.

Personalità semplice, nel senso di unica, per la sua capacità di elevare a virtù il dolore che cerca rispetto, la gloriosa bellezza del sacrificio del popolo in armi, l’umanità dello studioso e ricercatore, nonostante le contraddizioni degli avvenimenti, le logiche del potere, le contrapposizioni degli egoismi, la violenza delle armi, la rigidità dell’ideologia …

Il Premio Gioacchino Volpe – che questa sera prende forma nei nomi dei vincitori – va oltre la sua denominazione.

Abbiamo, infatti, operato una scelta che, sono convinto, sarebbe stata accolta con entusiasmo dallo stesso Volpe.

Abbiano affiancato a quella di Volpe, le storie straordinarie di due aquilani illustri, come Panfilo Gentile e Stefano Vespa.

A Stefano, che ho conosciuto personalmente, rivolgo il mio pensiero di affetto e stima, ricordando una delle nostre ultime chiacchierate sul futuro del TSA.

L’Aquila, come per molti di noi, era la sua certezza; il suo approdo; dove ritrovare gli amici, i profumi e i sapori di sempre; dove godere delle fresche serate estive, dell’aria frizzantina delle mattine autunnali, del freddo intenso delle serate invernali, di quel cielo terzo e inimitabile, carico di promesse, della nostra primavera.

Il Premio Volpe, esalta L’Aquila e il suo territorio come terra fertile di ingegno e saperi, di creatività e professionalità, di arte e scienza, di capitale della Pace e del Perdono, di capitale della cultura 2026, di città nuova e rigenerata.