Il canile di Sulmona dalle denunce al sequestro, storia di una struttura fantasma

Fa discutere la situazione del canile di Sulmona, una struttura in cui “abusivismo, ingiustizie e gestione indegna degli animali sono andati avanti per anni, fino alla deportazione di tutti i cani nel canile privato di Collelongo”. Il racconto
Fa discutere la situazione del canile di Sulmona, una struttura in cui “abusivismo, ingiustizie e gestione indegna degli animali sono andati avanti per anni, fino alla deportazione di tutti i cani nel canile privato di Collelongo”. Una storia lunga e complessa da riassumere in qualche riga: il racconto di Andrea Rapino, socio fondatore e consigliere Lida Ortona.
Solo due settimane fa le telecamere Rai sono entrate nel canile di Collelongo, una struttura spesso oggetto di polemica per la gestione dei cani che, da circa un anno, ospita anche tutti i cani che si trovavano nel canile di Sulmona.
A parlare alla redazione del Capoluogo è Andrea Rapino, socio fondatore e consigliere del Direttivo Lida Ortona (Lega italiana Diritti degli Animali ndr), presente in tutte le regioni d’Italia con le sue numerose sezioni locali, nonché associazione riconosciuta dal Ministero dell’Ambiente già dagli anni ’70. La Lida di Ortona è una delle associazioni che, in quanto soggetto abilitato, gestisce in Abruzzo un canile pubblico comunale: si tratta, appunto, della struttura di Ortona. Per qualche tempo, però, l’associazione si è occupata anche della gestione del canile peligno.
LIDA ORTONA – Come è nata la gestione Lida nel canile di Sulmona? Questa la ricostruzione di Rapino.
“Nel 2019 ci ha contattato il Comune di Sulmona chiedendoci disponibilità immediata per la gestione del canile comunale, in seguito all’impossibilità di rinnovare il contratto al precedente gestore“. Questo precedente gestore, l’associazione Code felici, aveva avuto per decenni la gestione del canile di Sulmona.
La richiesta è stata immediatamente accettata dalla Lida di Ortona, perché “sapevamo che, qualora la gestione non avesse avuto un prosieguo, tutti i 220 cani sarebbero stati trasferiti in un canile privato. E i canili privati non hanno lo stesso fine dell’associazione. I gestori privati, infatti, non hanno particolari interessi a far sì che i cani vengano adottati, né si impegnano economicamente per curare i cani ospitati nelle strutture”.
“Per noi è stato uno sforzo incredibile, sia in termini economici che organizzativi, ma volevamo evitare una deportazione di massa in una zona meno antropizzata di Sulmona che garantisse, con ogni probabilità, molte meno opportunità di adozione ai cani”.
CODE FELICI – Appena arrivati, ad ottobre 2019,“ci siamo subito resi conto di innumerevoli irregolarità “.
Un esempio? “Il canile non era neanche accatastato“.
La prima denuncia è stata presentata dalla Lida già a dicembre, con un esposto alla Guardia di Finanza,“nel mentre abbiamo avviato un dialogo con il Comune di Sulmona, evidenziando una serie di mancanze gravi. Parallelamente, abbiamo cercato di aumentare anche il budget, per tamponare, almeno in parte, alcune delle lacune nella gestione del canile”.
“Il precedente gestore, l’associazione ‘Code felici’ – precisa Rapino – non era una vera associazione di volontariato. Questo ente gestore faceva capo ad una donna che non teneva alcun tipo di rendicontazione, né teneva aggiornati i registri del canile, tra ingressi, morti e adozioni. Sulla tracciabilità abbiamo avviato una serie di azioni: mail, segnalazioni, diffide. Eppure ,a distanza di 6 anni, continua ad esserci assoluta confusione sul numero dei cani e sulla tracciabilità dei microchip”.
L’EPIDEMIAE LE CARCASSE SEPOLTE –“In breve tempo, abbiamo scoperto che il Comune non poteva più reiterare l’appalto di gestione a questa fantomatica ‘associazione’ non per ragioni burocratiche, ma perché nell’estate 2019 il personale della Forestale aveva scoperto la presenza di carcasse di cani sepolte dentro il canile. Infatti, c’era stata un’epidemia di cimurro, che avviene generalmente quando non si effettua il regolare ciclo vaccinale sui cani. Quest’epidemia aveva portato alla morte di tanti ospiti, che si era deciso di nascondere lì. Quindi, non solo non erano stati spesi i soldi per la vaccinazione dei cani, ma questi soldi non erano stati usati neanche per lo smaltimento a norma di legge delle loro carcasse”.
“Nel giro di due mesi abbiamo evidenziato una serie di irregolarità: in particolare il fatto che il canile non fosse iscritto all’albo regionale delle strutture di ricovero, quindi era sprovvisto di autorizzazione sanitaria.
Nel canile c’erano 220 cani stipati “senza alcuna tutela. I box erano 60 e nella gestione precedente i cani venivano fatti uscire uno alla volta: ciò vuol dire che restavano fuori appena tre minuti ciascuno. C’era sempre la stessa routine e i cani tra di loro non si conoscevano”. Non c’erano neanche le cucce. “Abbiamo avuto evidenza che chi gestiva precedentemente il canile non si occupava minimamente del benessere dei cani: pensate che il cibo dato agli ospiti era costituito dagli scarti alimentari del carcere“.
DUBBI SULLA PROVENIENZA DEI CANI – “Arrivavano cani, assegnati dalla Asl, da ogni dove: anche da località fuori regione. Non ne abbiamo mai compreso il motivo. Spesso non ci veniva neanche comunicata la provenienza del cane, che arrivava senza documenti di accompagnamento, con l’inserimento a cura del personale dell’azienda sanitaria”.
Non solo, perché c’era un altro problema da affrontare: circa 20 cani erano stati collocati temporaneamente nel canile di Collelongo, poiché la struttura di Sulmona era al collasso. “Fu il Comune a informare la Lida, spiegando che per l’ospitalità di quei cani veniva pagata anche una retta”.
Il canile di Sulmona percepiva 5mila euro al mese per oltre 200 cani,“In pratica 0,83 centesimi al giorno per cane: cosa si può comprare con queste risorse nulle? In una situazione tanto caotica e irregolare, pensate quanto fossero un miraggio le cure veterinarie, che hanno costi pesanti. Inoltre, come si poteva, contando solo su queste risorse, fare operazioni necessarie come la sverminazione di tutto il canile o la vaccinazione di oltre 200 cani?”.
“Solo nei primi 3 mesi la Lida ha speso circa 30mila euro dai veterinari per gli interventi chirurgici sui cani. Ancora oggi paghiamo i debiti per gli interventi fatti cercando di recuperare i ritardi accumulati”.
LA FINE DELLA GESTIONE – Com’è finita la gestione? Dopo un anno e 8 mesi “dal Comune ci hanno detto che, in assenza di bando, non avrebbero potuto reiterare i contratti alla Lida. Noi siamo caduti dal pero, considerando gli interventi che avevamo fatto partire e i fondi erogati a chi ha gestito il canile prima di noi. Ma probabilmente – aggiunge Rapino – c’erano vari problemi. In primis, non eravamo di Sulmona, inoltre avevamo iniziato a dar fastidio, tra diffide, richieste e denunce. Comunque, nello stesso momento in cui ci hanno informato del mancato rinnovo della gestione, si è immediatamente costituita l’associazione Lida Sulmona, che è subentrata nella gestione della struttura. Anche in questo caso, passano 8 mesi e si ripresenta il problema: non sono nuovamente possibili affidamenti diretti. Così la struttura torna in mano all’associazione ‘Code felici’ e il canile ripiomba nel baratro”.
IL SEQUESTRO – Dopo pochi mesi, per problemi personali, la responsabile dell’associazione Code felici deve lasciare il suo impiego. “Il suo ritiro equivale al ritiro di un imprenditore individuale, nel senso che non avrebbe dovuto ritirarsi l’intera associazione. Invece la gestione termina: ciò a dimostrazione di come non si trattasse di una reale associazione, ma di una persona che gestiva in modo autonomo e approssimativo la struttura, tra mille irregolarità”.
Nel giugno 2023 arriva la Cima Scarldi Sante Marie a gestire il canile. “Anche in questo caso sono state molte le segnalazioni e le denunce. Come si può gestire un canile del genere con un solo operatore? La Lida ha denunciato i legali rappresentanti di Cima Scarl, il veterinario – direttore sanitario di Cima, il sindaco di Sulmona, la Regione, la Asl…ma il procedimento è ancora in corso. 17 pagine di denunce in cui abbiamo allegato foto, video, documenti, referti. Le indagini sono ancora in corso“. Terminata anche questa gestione, parte quella firmata dalla famiglia Corsi, con la società Comarfarm, che si occupa, attualmente, anche del canile di Collelongo.
Anche in questo caso iniziano subito a registrarsi irregolarità, come “la gestione illecita di rifiuti speciali, che il gestore, tuttavia, ha addebitato alle associazioni precedenti che avevano in mano la struttura”.
Il resto è storia recente: le numerose denunce hanno portato al sequestro del canile, dove non c’era neanche il riscaldamento, e al trasferimento di tutti i cani (circa 200) nel canile privato di Collelongo, per consentire lo svolgimento di alcuni lavori di messa a norma all’interno della struttura di Sulmona.
“Eppure sembra che, ad oggi, non sia stato ancora completato l’impianto fognario e che il canile non sia stato neanche accatastato. Continuano ad esserci, inoltre, varie incongruenze sui dati dell’anagrafe canina. Intanto i cani sono chiusi nei box a Collelongo e continuano a mancarne all’appello inspiegabilmente tanti”, conclude Rapino.
Foto di: Rainews