Nata il 6 aprile 2009, la storia di Sofia De Angelis

Anna Moscardi e Marcello De Angelis ricordano la nascita della figlia Sofia, venuta al mondo il 6 aprile 2009. “Da una tragedia è nato tutto il nostro coraggio per rinascere, abbiamo lottato tanto per rimanere nella nostra città”.
“Era la notte tra il 5 e il 6 aprile 2009, erano passate da poco le ore 22.30 quando io e mio marito eravamo seduti sul divano della nostra tranquilla casina a Paganica a vedere la tv. La mia pancia si muoveva in continuazione…Era la mia piccola bimba Sofia che quella sera era particolarmente sveglia: ‘tocca qui’, dicevo a mio marito Marcello, ‘forse è arrivato il momento…Sofia vuole proprio uscire, mettiamo in macchina la valigia che secondo me questa notte dobbiamo correre in ospedale’. E già’…ero al nono mese di gravidanza, avevo finito il tempo il 4 di aprile e sentivo che quella notte sarebbe successo qualcosa di importante…” Inizia così il racconto di Anna Moscardi e Marcello de Angelis, era il 6 aprile 2009 quando la terra tremò e portò la morte. Quella notte venne al mondo la loro figlia Sofia, all’ospedale di Rieti, un segnale di vita e speranza.
Sofia De Angelis è la prima di tre figli – gli altri sono Leonardo e Nicole -. “Da una tragedia è nato tutto il nostro coraggio per rinascere, abbiamo lottato tanto per rimanere nella nostra città. Le nostre radici sono qui..la vediamo rinascere giorno dopo giorno, abbiamo riaperto delle attività in centro in piena ricostruzione in una città fantasma, perché noi non molliamo, la vita continua e nonostante le tragedie ancora oggi in corso ce la faremo tutti. Lo dobbiamo ai nostri figli e al loro futuro…e continueremo a mettercela tutta…”.
Anna e Marcello ricordano quella notte terribile, ma guardano con speranza e ottimismo al futuro. “All’improvviso il divano tremò per qualche secondo, e dal tavolo di vetro dove avevamo le nostre foto più belle, caddero per terra i nostri due quadri che ritraevano me e Marcello in viaggio di nozze allegri e bellissimi come non mai. In pochissimi istanti io raggiunsi istintivamente la porta del corridoio…mio marito rimase immobile sul divano: ‘alzati presto dobbiamo uscire da qui..il terremoto’…e lui ‘tranquilla’ era solo una piccola scossa per stasera e’ finito non ti agitare pensa alla piccola“. Nei suoi occhi però vidi un senso di paura che mai avevo visto prima di allora in mio marito, ma continuava a tranquillizzare me ridendo di ciò che era appena successo.
Io corsi subito sul pianerottolo del condominio per controllare se i nostri vicini avessero avvertito qualcosa. Erano anche loro sul pianerottolo, spaventati come noi ma scherzammo quasi su ciò che era accaduto.
Anch’io mi calmai un po’ e ci salutammo con qualche battuta ironica, l’ultima fu”Appuntamento qui fuori, ci vediamo alla prossima scossa se non partorisco prima…”.
Chiudemmo la porta. Erano intanto le 23.30, il mio cellulare suonava in continuazione: i miei parenti, le mie amiche…tutti volevano sapere come stavo, se avevo avuto paura, qualcuna ironicamente mi chiedeva se erano state le mie contrazioni a far tremare la terra poco prima.
Quel giorno infatti avevo già iniziato a perdere le acque, la domenica mattina ero stata all’ospedale a fare il monitoraggio, avevo le contrazioni alte e la mia dottoressa decise sulla non urgenza del mio ricovero rimandando il tutto al lunedì 6 aprile mattina: ” vieni domani mattina e ti ricoveri se non succede qualcosa prima, se aumenta il dolore sta notte corri direttamente in ospedale”.
Quella notte intanto era arrivata quasi la mezzanotte, io ero stanchissima, continuavo a perdere liquido amniotico, avevo le caviglie gonfissime, ci risedemmo ancora sul divano e mio marito mentre mi massaggiava i piedi mi disse ”andiamo a letto che domani ci aspetta un grande giorno, incontreremo la nostra piccola Sofia che aspettiamo da nove mesi..” io con ancora un po’ di paura per ciò che era appena successo prima risposi “ma se andiamo a dormire in macchina? con quella scossa di prima ho un po’ paura a dormire in casa. Ché dici?” e lui ” non ti preoccupare dormi tranquilla oramai la scossa forte c’è stata”, Raccolsi i vetri dei quadretti che poco prima erano caduti da quel tavolo di vetro e andammo a dormire. Eravamo sul letto, ma con dentro un senso di angoscia, qualcosa di strano c’era nell’aria quella sera, qualcosa di strano c’era negli occhi di mio marito quella sera, una paura strana avevo io dentro quella sera..ma non era la paura del parto…spegnemmo la luce ”buona notte ti amo”.
Ore 03.32.. “All’improvviso apro gli occhi… il buio mi assale, un boato assordante mi spacca il cervello, non riesco a capire, chiudo gli occhi li riapro non vedo nulla, intorno a me solo un rombo disarmante…e’ la fine. Il mio letto sbatte contro il muro, rimbalza sul pavimento, qualcosa di pesante mi cade sui piedi, sulle gambe, sento dei vetri cadermi sulle spalle…non respiro bene, il mio cuore sta scoppiando”. Non realizzavo ancora cio’ che stava accadendo davvero, toccai mio marito “aiuto, stiamo morendo!! Dio aiutaci, padre Pio aiutaci, Dio aiutaci, aiutaci ti prego..” , urlavo con tutta la forza che avevo dentro.
“Oddio, oddio…reggiti…stringiti a me!” mio marito si buttò su di me, al buio mi abbracciò con tutto se stesso, e con tutta la sua forza mi stava addosso e mi stringeva fortissimo. Intorno a noi l’inferno, vetri che cadevano, porte che sbattevano, i cassetti si aprivano e si chiudevano in continuazione, vasi, piatti, quadri, bicchieri, bottiglie, mobili, armadi, sedie, tavoli… tutto si rompeva a terra, non capivo come, perché, non capivo cosa, ma tutto stava cadendo intorno a noi. Accesi a stento la luce, la baciò cadde sul pavimento e scoppiò, il buio ci assaliva ancora, il rumore non cessava, cercai tastando sul comodino i miei occhiali, ma il comodino non c’era più, anch’esso era rotto sul pavimento.
Sembrava fosse passato tempo, ma era trascorso appena qualche secondo, pareva non dovesse finire mai. Mio marito salta giù dal letto, al buio mi afferrò proteggendomi col suo corpo, trovò a tastoni i miei occhiali sul pavimento, voleva portarmi sotto al letto, ma il mio era un pancione enorme, provammo, ma mai sarei riuscita ad entrare li sotto era troppo stretto per me.
All’improvviso un lampo, una luce accecante, fu come un’esplosione e di nuovo il buio intorno a noi. La stanza continuava a girare, sentivo il terreno mancarmi sotto ai piedi, mi aggrappavo stremata a mio marito che mi teneva con forza, non riuscivo a camminare, sul pavimento c’era di tutto, non so cosa ma qualcosa mi bloccava i piedi, caddi a terra lui mi rialzò e mi trascinò fuori la stanza. Intorno a noi mio marito illuminava con la luce sfiatata del display del telefonino, c’erano pezzi di muro che ci cadevano addosso, ma continuavamo a correre senza quasi più respiro lungo tutto il corridoio.
Il tremore rallentò per qualche secondo, ma di nuovo riprese a girare tutto, anche più di prima, eravamo sballottolati avanti e dietro, sembrava di essere su di un treno in piena corsa. Arrivammo alla fine del corridoio, ma la porta non si apriva, qualcosa la bloccava da dentro, era la fine per noi. Mio marito con una botta secca riuscì non so come ad aprire quella maledetta porta, uscimmo fuori di casa, eravamo al secondo piano.
Lungo le scale i pezzi di muro continuavano a cadere ancora, e le scale vibravano come una giostra impazzita. Mentre le percorrevo pensavo ”adesso crollano adesso crollano”, non mi sembrava vero di riuscirne a fare una dopo l’altra di corsa senza ancora che si spaccavano a metà, e così fu, dietro di noi tutto si rompeva, la polvere mi arrivava fino ai polmoni, mi soffocava la gola, mi reggevo con le mani la pancia, avevo dei dolori fortissimi. Riuscimmo ad arrivare a piano terra, la scossa intanto sembrava essersi calmata per qualche secondo, ma lentamente la terra si muoveva ancora, a me girava la testa, mi veniva da vomitare e un dolore di pancia mi stava lacerando.
Fuori al piazzale di casa una striscia lunga come un serpentone gigante lo divideva in due versanti, i mattoncini saltavano su dal pavimento, sembrava come un’onda marina che passava non in acqua pero’, ma sotto terra. Cos’era quella forza, chi c’era o cosa c’era sotto ai nostri piedi, mai vista una cosa del genere in tutta la mia vita. Fu li che rividi i miei vicini di casa, uno sguardo tra di noi mi gelò il sangue, ed intorno a noi gente che urlava, scappava, piangeva disperata.
Non riuscivo a respirare, alzai lo sguardo, guardai negli occhi mio marito ed insieme guardammo di fronte a noi: era la desolazione più totale, una nuvola di polvere e di fumo copriva tuti i paesi d’intorno, il panorama che amavamo tanto da lassù era devastato, raso al suolo, una nebbia fittissima copriva il tutto, intorno a noi i resti e le macerie di una città bombardata. Fu la desolazione più totale. Cercammo di chiamare i nostri genitori, i miei abitavano in un paesino vicino, mi sentivo morire…i cellulari erano isolati, non riuscivamo a contattare nessuno e non facevo altro che immaginare le loro grida sotto le macerie, era la fine.
Tutti gli inquilini del condominio erano li fuori impazziti con noi, era il delirio, il caos, la confusione totale davvero. Io mi inginocchiai sul pavimento, le contrazioni aumentavano, continuavo ancora a perdere liquido, i miei piedi erano pieni di ferite e le mie gambe tremavano “la perderò, Dio aiutaci” gridavo. Sentivo tanto freddo, mio marito mi prese in braccio, dovevamo andar via di li’, il pericolo non era ancora finito, mi portò verso la macchina, ma i nostri cuori scoppiarono quando non avevamo nessuno dei due le chiavi per aprirla. “Amore devo risalire a prenderle” disse mio marito “qualsiasi cosa succeda pensa alla bambina che hai dentro e cerca di rimanere calma, io ce la farò e Dio ci aiuterà”.
Con grande coraggio lui salì di nuovo in casa, al buio, tra le macerie riuscì a recuperare il borsellino dove avevamo le chiavi della macchina, mentre era dentro un’altra forte scossa fece tremare ancora le mura del palazzo, io impazzii, gridavo a squarciagola da fuori ”escii escii ” , mi inginocchiai a terra, di li a poco comparve al buio di fronte a me mio marito, impolverato fin su i capelli, scalzo, ed in mano penzolavano le chiavi della macchina. Entrammo di corsa in macchina, mio marito mi raccolse da terra e mi aiutò a salire, arrivammo davanti al cancello automatico: non si apriva. Insieme a delle altre persone mio marito riuscì a sbloccarlo e così potemmo scappare via di corsa con la macchina per le vie del paese.
I miei occhi videro quella notte scene paurose, dalla macchina si scorgeva una Paganica dilaniata, martoriata, scene terrificanti di gente in preda al panico, ferita, urlante, in cerca di parenti da salvare rimasti ancora sotto le macerie, persone con le quali io e mio marito avevamo fatto un aperitivo insieme fino al giorno prima che era appunto la domenica delle palme.
Macchine sfrecciavano a tutta velocità, clacson impazziti, vie impraticabili…scene apocalittiche, il mio cuore stava scoppiando, mai in vita mia avevo visto intorno a me un disastro del genere, mai. Per strada una macchina a tutta velocità percorreva la nostra stessa via ormai completamente bloccata dai massi: era il padre di mio marito, assicuratosi che noi stavamo bene corse a salvare sua suocera di 87 anni, la nostra nonna che abitava nella zona più vecchia del paese, per il resto ci rassicurò: i nostri genitori erano in salvo. Sepolta sotto un cumulo di macerie, fu lì che trovò poi nostra nonna, svenuta, ancora allungata sul suo letto e riuscì a fatica a portarla in salvo, aiutato da un gruppo di persone del posto a scavare tra le macerie. Io e mio marito invece riuscimmo ad arrivare di fronte al piazzale del suo negozio, li ci attendevano con ansia parte dei nostri familiari, era il delirio, avevano in corpo la nostra stessa tragica esperienza di quegli attimi tragici vissuti poco prima.
Mio marito scese, io rimasi in macchina, avevo le contrazioni fortissime, dei dolori atroci che via via aumentavano, pensavo di partorire in macchina quella notte…e la macchina intanto continuava a ballare, a vibrare, a tremare, c’erano degli scoppi e dei boati continui terrificanti, il terrore mi assaliva. Dovevamo trovare la nostra dottoressa, abitava poco distante dal posto, “rimani qui devo lasciarti un istante torno subito”.Continuavo a sentirmi male, ruppi le acque in macchina e mi torcevo dal dolore per le contrazioni, cercai di rimanere lucida, dovevo farcela, avevo un esserino in grembo che aveva oramai deciso di venire al mondo proprio quella notte, dovevo proteggerlo. La macchina ballava in continuazione, quella notte del 6 aprile sono state registrate tantissime scosse, tutte di alta intensità. ” E’ la fine” pensavo “Dio aiutaci, non farmi morire prima di aver partorito ti prego”.
Arrivò mio marito, insieme alla mia dottoressa, anch’essa sconvolta dal tragico avvenimento. Mio marito mi abbracciava con forza, lei mi prese la mano, mi faceva respirare per alleviare i forti dolori delle contrazioni, ci perdemmo in un abbraccio unico tutti e tre, ma nei loro occhi leggevo una tragedia immane, e guardandomi dritti negli occhi mi dissero ” a L’Aquila il reparto maternità non esiste più, è stata una strage, l’intero ospedale è stato evacuato, stai tranquilla troveremo una soluzione”.
Il mio parto era imminente, li sentivo mancarmi ancora il respiro, la dottoressa continuava ad aiutarmi a respirare tra una contrazione e l’altra, mio marito mi teneva una mano, lei l’altra, mi riassicuravano, mi tranquillizzavano, mi fidavo solo di loro in quel momento, per il resto non connettevo più.
La dottoressa intanto continuava a fare una serie di telefonate per informarsi sull’agibilità dell’ospedale, ma i suoi occhi trasmettevano la gravità della tragedia che stavamo vivendo. Non riuscivo a capire cosa succedeva intorno a me, avevo dei momenti di buio e confusione e dei momenti di lucidità.
“Respira respira” gridava la mia dottoressa tenendomi la mano ed io aggrappandomi a lei respiravo intensamente, ma una forte tachicardia mi impediva di continuare. All’improvviso un altro boato assordante, la macchina balzò in avanti e risbatte’ sul pavimento, su di noi a pochi metri scoppiarono i tubi dell’acquedotto situato proprio li vicino e in pochi secondi fummo travolti da un fiume di acqua che scorreva ad altissima velocità. Mio marito mi abbracciò forte, continuava a tranquillizzarmi“respira ti prego respira, stai calma”…ma l’acqua che scorreva sempre di più e sempre più potente sotto la nostra macchina stava quasi entrando dentro eravamo ancora in grave pericolo dovevamo scappare ancora, anche da li.
La mia dottoressa dovette lasciarmi “tornerò’” mi disse “fidati di me”, la strinsi a me con tutta me stessa, ma capii che non mi avrebbe mai abbandonata. Mio marito si mise alla guida, la macchina era bloccata in mezzo ad un fiume di acqua, non partiva. I nostri parenti tutti intorno a noi ci aiutarono a spingere la macchina e dopo vari tentativi a stento riuscimmo ad uscire da quel maledetto fiume di acqua. Eravamo tutti fradici, stremati, bagnati fin sui capelli, la terra continuava a tremare e dei rombi continui ci annullavano i sensi, si udivano all’improvviso degli scoppi, boati, pareva che ci stessero bombardando, era un’esplosione continua.
Arrivammo in un prato li vicino, dietro di noi i nostri cari. Lì trovammo gente accampata, come noi sopravvissuti ad una tragedia. Era una furia che non dipendeva dall’uomo sta volta, era la natura, ci stava ingoiando, ci stava martirizzando, ci stava togliendo tutto, ci stava disintegrando, mi sentivo impotente di fronte ad una catastrofe del genere ed in mezzo a quella catastrofe io dovevo mettere al mondo una bambina, io potevo morire anche, ma la mia bambina dovevo farla nascere…di me poi faccia Dio pensavo.
Lì ci fermammo anche noi, mio marito mi abbracciò forte e mi tenendomi le mani, mi aiutava a respirare, lui respirava con me, si muoveva con me, era il mio angelo, era lamia luce, era il mio unico punto fermo in mezzo a quella tragedia immane, avrei fatto di tutto per lui era tutta la mia vita.
Mai perse la calma in quegli attimi, mai un segno di sconforto, mai e poi mai mi lasciò sola un attimo, era la mia forza, il suo coraggio, mi davano speranza, non poteva finire tutto così quella notte, i nostri sogni, la nostra vita, i nostri amori, tutto veniva in quegli attimi indimenticabili distrutto…ma non poteva finire cosi. Ci facemmo tanta forza, le contrazioni aumentavano, mio marito mise delle coperte sul mio corpo, avevo le gambe gelide, i dolori continuavano farsi sempre più frequenti ed io ero disperata. Cercavo di respirare forte, inspiravo ed espiravo profondamente con tutta l’anima, sudavo, avevo freddo, mio marito mi asciugava la fronte “respira ti prego tesoro, resisti, va tutto bene, io ti proteggerò, proteggerò Sofia, nascerà sana e salva fidati di me”.
Io agonizzante sul sedile anteriore della macchina piangendo disperata guardai il cielo : “Dio salvaci”. Improvvisamente squillò il suo telefonino……..
O.G.P. di RIETI: Ore 17.08, Rieti 6 Aprile 2009, sala parto, operazione di estrema urgenza, nasce Sofia De Angelis, kg 3450, cm 51.
”Ringraziamo tutti i giorni della nostra vita il signore che ci ha donato Sofia, la nostra bellissima bambina nata il giorno del terremoto a L’Aquila, sopravvissuta alla tragedia più grave dell’ultimo millennio. E’ la nostra forza, la nostra vita, il nostro coraggio, la nostra voglia di ricominciare, la nostra volontà di ricostruire la nostra città perché lei rappresenta la vita, la rinascita, niente si deve fermare, questo e ciò che vorrei dire a tante persone che purtroppo hanno perso qualcosa di grande in quel giorno. Non so perché Dio ha scelto noi per portare a termine questa speranza, ma vorremo dire a tutti quelli che hanno vissuto una tragedia grande nella loro vita di non perdere mai la forza ed il coraggio di ricominciare, di ripartire da zero e di tornare a vivere. Noi quella notte abbiamo toccato il fondo, abbiamo sfiorato la morte, abbiamo perso purtroppo persone a noi care, amici e parenti ci hanno lasciato. Abbiamo perso casa, lavoro, paesi, città…ma noi oggi possiamo dire di non aver perso niente, anzi abbiamo tutto grazie alla nostra piccola Sofia, abbiamo la vita, la nostra vita, respiriamo, ci siamo, dobbiamo farci forza per lei e ripartiremo dal niente perché tanta e’ la voglia di vivere, tanta è la voglia di guardarla negli occhi e vederla crescere, l’abbiamo protetta fino alla fine in ogni modo possibile ed ora lei aiuteranno per tutta la vita perché basterà un suo solo sguardo a farci tornare il sorriso… Oggi abbiamo tre bimbi, Sofia 16 anni oggi, Leonardo 13 e Nicole 9. Da una tragedia è nato tutto il nostro coraggio per rinascere, abbiamo lottato tanto per rimanere nella nostra città. Le nostre radici sono qui..la vediamo rinascere giorno dopo giorno, abbiamo riaperto delle attività in centro in piena ricostruzione in una città fantasma, perché noi non molliamo, la vita continua e nonostante le tragedie ancora oggi in corso ce la faremo tutti. Lo dobbiamo ai nostri figli e al loro futuro…e continueremo a mettercela tutta…”
Anna Moscardi e Marcello De Angelis