Barbara sopravvissuta al sisma, Cerco chi mi aiutò a salvare due anziane a Santa Giusta

7 aprile 2025 | 19:14
Share0
Barbara sopravvissuta al sisma, Cerco chi mi aiutò a salvare due anziane a Santa Giusta

Barbara, sopravvissuta al sisma, cerca chi la aiutò quando, da universitaria, si ritrovò sola nell’emergenza, in via Santa Giusta, in pieno centro: “Vorrei ritrovare Luigina e ringraziare chi mi aiutò a far uscire dal palazzo due anziane”

6 Aprile 2009, mentre le rose bianche accarezzano i nomi di chi non c’è più, tra gli scrosci d’acqua del Parco della Memoria, L’Aquila si rimette in marcia, dopo il silenzio e la preghiera che hanno riempito le commemorazioni a 16 anni dal sisma. Eppure, ci sono ancora storie mai raccontate che spuntano tra le macerie ormai tolte. C’è ancora chi, segnato da quella notte, non può dimenticare e, 16 anni dopo, desidera ritrovare chi l’ha aiutata. Come Barbara, all’epoca del sisma studentessa universitaria fuori sede, che viveva in via Santa Giusta, in pieno centro storico.

Sisma L'Aquila, la Fiaccolata illumina la notte più lunga 16 anni dopo

Racconta la sua storia, molti anni dopo, per cercare di ritrovare Luigina, la vicina che è uscita da quel palazzo fatto a pezzi dal sisma insieme a lei. E per cercare di rintracciare un ragazzo che correva, ma che si è fermato quando l’ha vista sola, tra le macerie, le ha chiesto se avesse bisogno di aiuto e ha portato in salvo due anziane, anche loro all’interno del palazzo a rischio crollo, in pieno centro storico, in via Santa Giusta, con soli due appartamenti: uno abitato da studentesse universitarie e uno da due anziane che abitavano proprio con Luigina e con altri due uomini che, al momento del terremoto, erano al lavoro.

Di quella notte, Barbara porta ancora ogni dettaglio scolpito nell’animo, nonostante lei la scossa non l’abbia quasi sentita. Sono passati tanti anni da allora. Barbara non parla spesso di quanto le è capitato durante il sisma, soprattutto non lo fa pubblicamente. Lo ha fatto, però, pochi anni fa, quando un altro terremoto, questa volta sanitario, ha sconvolto l’esistenza di tutti: il Covid19. In quei giorni bui, Barbara ha riaperto un capitolo doloroso della sua vita, quello da sopravvissuta al sisma. “Se il mio racconto riuscisse a sensibilizzare anche solo una persona a non mettere a rischio la sua vita, potrei dire di aver raggiunto il mio obiettivo, quello di far capire quanto sia preziosa la vita di ognuno di noi”, aveva sottolineato in quell’occasione. E proprio da questo scopo nasce il suo racconto, che oggi ci consegna per ritrovare chi ha condiviso con lei quei momenti drammatici e per dire grazie a chi l’ha aiutata nell’emergenza.

IL RACCONTO

Avevo 24 anni e, come molti studenti universitari fuori sede, avevo preso anch’io in affitto casa a L’Aquila.La forte scossa che tutti hanno avvertito quel 6 aprile 2009, in realtà, era quasi un’abitudine costante da ben 5 mesi o poco più. Pranzavamo con le scosse, dormivamo con le scosse, seguivamo le lezioni accompagnati dalle scosse.
O almeno, era quel che facevo io.
Eppure non avevo paura… probabilmente, perché erano diventate un’abitudine, o forse perché ne sottovalutavo il rischio.
Ad ogni scossa forte le mie coinquiline scappavano giù dal palazzo, mentre io restavo in casa. Loro spostavano i loro letti per sentirsi più al sicuro di notte, mentre il mio rimaneva lì, nel punto in cui era sempre stato.
Non solo.
A volte dormivo sola in casa, perché loro, spaventate, andavano spesso a dormire dai loro amici in zona Torrione, – in apparenza più sicura rispetto al centro storico – mentre io, nonostante l’ospitalità di alcune mie amiche del Torrione, ero quella ‘forte’ della situazione. Dormire sola in casa non mi spaventava. E il destino ha 
voluto mettermi alla prova, poiché quella notte in casa ero sola”. 

LA SCOSSA“Ero appena rientrata a casa dal lavoro. Preparai la valigia e andai a dormire, certa che l’indomani sarei tornata anch’io al mio paese per le feste pasquali. Ero così stanca, ma così stanca che il terremoto non lo sentii arrivare! Mi svegliai con le macerie già cadute a terra.
Era crollato tutto, ma proprio tutto, tranne il pezzo di soffitto sopra il mio letto e, probabilmente, se mi fossi svegliata prima non sarei qui ora a raccontarlo.

Da lì in poi fu un susseguirsi di scosse… Feci una corsa sotto l’arco portante della mia camera, fino a raggiungere il portoncino di casa e ad entrare, scalza, in casa delle vicine: c’erano una signora sui 40 anni e due signore anziane. Mi sembrava di essere dentro un film horror. L’aria era piena dell’eco della gente nei palazzi vicini che gridava ‘Aiuto!’, i cani abbaiavano, gli allarmi delle auto suonavano senza sosta…
Quanto ho pregato quella notte!
Pregavo adalta voce per ogni scossa che avvertivo: perché, credetemi, quando guardate in faccia la morte non avete altra scelta…
Ricordo ancora lo sguardo fisso su di me di una nonnina, incredula per il modo in cui pregavo. Supplicai quelle signore
(le vicine ndr) di scendere dal palazzo per metterci in salvo. Ma loro di scendere non ne volevano sapere. Non facevano che ripetermi ‘Non ci sono le scale, stella, se vuoi scendi tu. Noi restiamo qui’. 
Ma io sapevo che ogni minuto era prezioso e che non potevo sprecare tempo. Così rientrai in casa per prendere l’essenziale: occhiali da vista, cappotto, scarpe, cellulare, monete per chiamare in cabina, chiavi di casa… Pochi minuti e tornai dalle vicine: mi dissero di chiamare i soccorsi, ma non lo feci. Mi resi conto subito che si trattava di una tragedia, il sisma aveva colpito tutti e compresi che l’unico modo per uscirne fuori era salvarci da sole.L’unico pensiero fu quelli di chiamare i miei genitori, che partirono immediatamente. Grazie a loro tornai a casa poco prima della chiusura dell’autostrada, facendo tappa al pronto soccorso del mio paese”.

LA RICERCA DI AIUTO -“Non conoscevo i nomi di quelle signore. A parte un ‘buongiorno’ e ‘buonasera’ scambiati per educazione, non sapevo assolutamente nulla di loro. Così, chiesi alla donna più giovane il suo nome. La guardai negli occhi e le dissi con tono deciso: ‘Luigina, fidati di me, dobbiamo scendere! Passeremo sopra le macerie, ma se restiamo qui moriremo tutte’.
La convinsi a scendere ‘calma, decisa e rapida’, passando sopra quelle macerie e sotto quel soffitto traballante che sarebbe potuto crollare del tutto da un momento all’altro…
Non potete immaginare la gioia che provai nel vedere aprire i portoni del palazzo. Abbracciai quella signora così forte, fino a scoppiare in un pianto di gioia liberatorio. Ma non era ancora finita, perché le due anziane erano in pericolo.
Decisi di andare da sola a cercare aiuto, pensavo di trovare qualcuno che potesse aiutarle a scendere dal palazzo.
Fu solo in quel momento che mi resi conto di essermi ferita poiché non riuscivo a correre.
Zoppicante, in pigiama e cosparsa di terriccio giunsi in piazza tra la folla di gente e chiesi alla prima persona che mi trovai 
davanti. Si trattava di un signore che, con freddezza, mi rispose: ‘In questi casi bisogna aspettare la protezione civile’. In quelmomento mi sentii davvero sola. Guardai per un attimo quella folla e non ebbi il coraggio di chiedere a nessun altro”. 

“Senza pensarci due volte tornai indietro, passando di nuovo in quel vicolo e sotto quei cornicioni pericolanti. Mi ripetevo: ‘Se sono riuscita a scendere, riuscirò anche a risalire’. Ma proprio in quel momento, quando stavo per varcare il cancello del palazzo, in quella strada deserta e spettrale, passò davanti a me un ragazzo. Correva. Ero tentata di fermarlo, lo avrei voluto tanto, ma ero come bloccata e per questo non lo feci. Solo alcuni metri dopo avermi superato, improvvisamente quel ragazzo si fermò. Tornò indietro e mi disse: ‘Hai bisogno di aiuto?’. Non me lo feci ripetere due volte: così lo accompagnai sotto il mio palazzo e anche grazie a lui le due signore riuscirono a salvarsi”. Oggi Barbara, tornando a quei momenti con i ricordi, vorrebbe rintracciarlo e ringraziarlo. E vorrebbe ritrovare Luigina, per sapere come sta. 

GLI INSEGNAMENTI DAL SISMA – “Questa brutta esperienza vissuta sulla mia stessa pelle mi ha insegnato alcune coseMi ha fatto capire che non tutti sono disposti a tenderti la mano nel momento del bisogno, ma che, per fortuna, esistono ancora quei pochi puri di cuore, persone di cui provo a circondarmi. Proprio come quel ragazzo che tornò indietro per chiedermi se avessi bisogno di aiuto. Ma anche come due ragazze che indossavano un K-Way e che, vedendomi entrare in una cabina telefonica, mi chiesero se avessi bisogno di monete per chiamare. O ancora come quella signora dagli occhi dolci, che andava in giro per la piazza distribuendo uova di cioccolato. Anche lei mi si avvicinò per chiedermi se ne volessi un pezzo.
Questa storia mi ha insegnato, soprattutto, che la vita può metterti di fronte a tante vicissitudini, ma solo sei hai coraggio puoi uscirne vincente.
Mi ha insegnato la potenza della fede, che voi crediate oppure no.
Mi ha insegnato che a volte sottovalutiamo il rischio e ci sentiamo forti e invincibili: pensiamo che nulla di male possa accaderci, fin quando non viviamo esperienze negative sulla nostra stessa pelle.
Una città si può ricostruire con il tempo, ma la vita non te la restituisce nessuno: ogni giorno in cui siamo vivi è un miracolo!”. 
Chi dovesse riconoscersi nelle persone descritte, sia il ragazzo che ha aiutato Barbara che la stessa Luigina, può contattare la redazione del Capoluogo d’Abruzzo che provvederà a metterli in contatto con Barbara.