Manuel De Libero, un obiettivo sulla vita

14 aprile 2025 | 18:01
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Manuel De Libero, un obiettivo sulla vita

Nuovo appuntamento con la rubrica “Wannabe”: conversazione con Manuel De Libero.

Conversazione con il fotografo Manuel De Libero, il nuovo appuntamento con la rubrica “Wannabe

Ricevo Manuel De Libero nel mio ufficio, sono sempre stato molto curioso di scoprire cosa si nasconda dietro ai giovani talenti. Lui si siede, io prendo fiato, ed iniziamo a parlare.
La prima domanda che gli faccio parte da un concetto che sento spesso ultimamente: “Il lavoro duro batte il talento se il talento non lavora duro, nel tuo caso, i tuoi obiettivi raggiunti sono stati più frutto del tuo talento o del duro lavoro?” Lui mi guarda, ci pensa qualche secondo e risponde: “I miei obiettivi raggiunti sono un mix di talento e lavoro con una piccola dose di fortuna che nella vita deve esserci sempre. Il famoso “fattore c”. Se proprio devo scegliere, ti direi comunque frutto del duro lavoro ma ho ancora tanta, tantissima strada da fare.”

Mi interessa poi sapere come si scelgano i momenti da immortalare, per questo mi chiedo, nella mia testa e ad alta voce “quando sei in giro con la macchinetta immagino ti passino davanti moltissimi momenti, come decidi quando vale la pensa di scattare?” Non ci pensa molto, prima di rispondere e dice “A me piace raccontare storie, cerco sempre un istante che in qualche modo possa raccontarle. Mi piace il chiaro scuro derivante dal gioco di luci e ombre e cerco sempre di non preparare lo scatto in se, magari ho l’idea in testa per “portare il lavoro a casa” ma non adatto la scena a quello che voglio fotografare cerco di fare il contrario per non rovinare la purezza del momento.”

Invece chissà se “ci sono invece momenti molto belli ma che preferisci tenere per te e non scattare?” “Il compito del fotografo è quello di documentare e raccontare qualcosa, tenersi le fotografie per se equivale a non scattare. Se sono consapevole che potrei vivere dei momenti che non voglio condividere non porto la macchina fotografica con me o al limite la spengo e non scatto la fotografia.”

manuel de libero wannabe

Inizio poi a scendere su qualcosa di più personale e parto chiedendo: “Se dovessi dirmi un fotografo a cui ti ispiri chi sarebbe?” Si ferma un attimo a pensare, poi: “Ce ne sono tanti in realtà, Luigi Ghirri ad esempio è stato d’ispirazione per il lavoro svolto durante l’accademia per la realizzazione della tesi. David La Chapelle lo ammiro molto per il suo stile molto “colorato” inteso sia a livello grafico sia a livello comunicativo. Annie Leibovitz è la fotografa alla quale vorrei rubare la sua sensibilità nel riuscire a fotografare l’anima delle persone mentre di Sebastiao Salgado vorrei avere la sua capacità di trasmettere la grandezza della natura attraverso i suoi scatti. Per non parlare di Oliviero Toscani, Mario Testino o Gregory Crewdson. Ma potrei continuare ancora tantissimo quindi mi fermo qui.”

Per i giovani fotografi, per chi inizia “quali sono secondo te tre requisiti fondamentali che deve avere una persona per iniziare a scattare?” Risponde immediatamente: “capacità di adattarsi alle situazioni, non abbattersi alle prime difficoltà, attitudine al sacrificio e passione per l’arte a 360°. Ne ho dette quattro, va bene lo stesso?” Ridiamo, poi continuo:  “Se incontrassi te stesso dieci anni fa cosa gli diresti?” “Gli direi semplicemente: Grazie. Nonostante tutto, non cambierei niente di quello che il Manuel di 10 anni fa ha cominciato. Oggi sono quello che sono grazia alla scelta determinata di provare a inseguire quel sogno di voler diventare un fotografo.”

Ci avviciniamo alla conclusione, preparo l’ultima domanda, gliela pongo:  “Ultima domanda, momento di confessioni, dicci il tuo sogno più grande, che riguardi o meno la fotografia.”
“Ho diversi sogni nel cassetto, più o meno grandi. Tutti però hanno un filo conduttore: L’Aquila. Riuscire ad investire e far diventare la mia città un piccolo punto di riferimento. Vorrei che chiunque parli della nostra città possa definitivamente eliminare il “ah si, quelli del terremoto”, perché siamo tanto altro. Siamo quelli della Perdonanza, quelli del Gran Sasso, quelli dello Zafferano, quelli delle Grotte di Stiffe e quelli di Rocca Calascio. Siamo quelli del Maxxi e siamo quelli dell’Auditorium di Renzo Piano e del Mammuth. Siamo grandi e non lo sappiamo. Ci nascondiamo dietro i tanti problemi (reali) e ci facciamo propaganda solo con quelli quando abbiamo un potenziale inespresso importante. Ecco, il mio più grande sogno è riuscire a raccontare quanto grande sia L’Aquila e non solo il “capoluogo di periferia” che tutti considerano.”

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