Sportello di ascolto contro ansia e depressione, la risposta UnivAq per il benessere studentesco

Il Servizio di Ascolto e Consultazione (SACS) di UnivAq per il supporto psicologico degli studenti.
UnivAq e salute mentale, il ruolo del servizio di ascolto per studenti.
Ansia, depressione e disagio emotivo colpiscono il 70% dei giovani. In UnivAq, il Servizio di Ascolto e Consultazione (SACS) rappresenta da anni un punto di riferimento fondamentale per il supporto psicologico e la prevenzione.
Il 70% degli studenti universitari ha conosciuto ansia, depressione o disturbi dell’umore: questo è quanto emerso nella prima giornata del convegno sul benessere studentesco ospitato al Centro Congressi Zordan dell’UnivAq. Nella seconda giornata, tra i focus di approfondimento, si è parlato anche del SACS – il Servizio di Ascolto e Consultazione per Studentesse e Studenti all’interno dell’Università.
Il SACS – attivo sin dal 1991 grazie all’impegno del professor Massimo Casacchia – offre un luogo di ascolto, accoglienza e sostegno per chi si confronta con ansia, depressione, dipendenze comportamentali e altri segnali di disagio che impattano la vita accademica e personale. Un presidio ormai consolidato che, come ha ricordato Rita Roncone, Responsabile del servizio, “è stato un punto di riferimento fondamentale anche nei mesi successivi al sisma del 2009”, quando il servizio accolse 140 studenti, l’80% dei quali aveva vissuto direttamente l’esperienza del terremoto.
“Perché sopravvivere all’università?”, si chiede Roncone durante il suo intervento. “C’è stato un crescente interesse in Italia, soprattutto dopo la pandemia, in relazione al tema del disagio mentale, in particolare tra i più giovani. È piuttosto complesso pensare che il supporto alla salute mentale possa essere ridotto a un’unica area d’intervento. Oggi parliamo di fattori bio-psico-sociali che impattano in maniera profonda sull’equilibrio emotivo delle nuove generazioni”.

I dati raccolti negli anni dal SACS parlano chiaro. Tra il 2020 e il 2023, su un campione di 653 universitari (il 70% donne), circa il 15% era in trattamento psicofarmacologico dopo l’accesso al servizio. Ma non tutti chiedono aiuto. “Un gran numero di studenti con problemi non si rivolge ai servizi, né chiede di poter avere un trattamento, persino laddove questi sarebbero disponibili. Le barriere? Lo stigma, la preferenza di parlarne con gli amici o il “fai-da-te””.
Eppure l’università, come ha ribadito la professoressa Roncone, dovrebbe essere una “comunità educante”. “Come abbiamo visto e sentito dalle recenti notizie di cronaca, due giovani studentesse, Sara Campanella e Ilaria Sula, sono state uccise da coetanei che frequentavano i nostri stessi atenei. L’assassino di Ilaria Sula era affetto da menzogna accademica protratta e persistente. È in questi spazi che si gioca anche la prevenzione”.
La missione del SACS si articola in quattro punti: aiutare chi rischia l’abbandono universitario, promuovere il benessere attraverso strategie efficaci (problem solving, regolazione emotiva), intercettare l’esordio di disturbi psichiatrici e stimolare una partecipazione più consapevole e attiva alla vita universitaria. Non si tratta solo di “curare”, ma di rendere le università luoghi dove la salute mentale sia tutelata quanto quella fisica. Dove il benessere non sia un privilegio, ma un diritto accessibile a tutte e tutti.