I Cinturelli, il fungo e l’alga

19 aprile 2025 | 09:21
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I Cinturelli, il fungo e l’alga

I Cinturelli – Torna l’appuntamento con la rubrica del Capoluogo. Il contributo di Luigi Giammaria. C’erano i funghi, piccoli, adesi a terra, compatti, duri, capaci di dormire a lungo per poi esplodere in breve tempo e dare vita alle forme più strane

I Cinturelli – Torna l’appuntamento con la rubrica del Capoluogo. Il contributo di Luigi Giammaria. Il fungo, l’alga… e l’albero di Natale

C’erano i funghi, piccoli, adesi a terra, compatti, duri, capaci di dormire a lungo per poi esplodere in breve tempo e dare vita alle forme più strane. C’erano i funghi, capaci di trasformare le sostanze organiche ma privi di vasi linfatici per sfruttare il sole nella fotosintesi. C’erano le alghe, verdi e fluttuanti, mobili e leggere, a crescita costante e soprattutto capaci della magia della fotosintesi clorofilliana. Un giorno si incontrarono i funghi e le alghe, e con l’aiuto dei batteri diedero vita a quelle che oggi noi chiamiamo piante, che sono in grado di trasformare la sostanza inorganica in organica tramite la fotosintesi clorofilliana. Questo succedeva circa tre miliardi di anni fa… e da questa magia, molto semplificata e romanzata, è nato l’ambiente naturale in cui viviamo, l’atmosfera si è arricchita di ossigeno a scapito dell’anidride carbonica e si sono create le prime condizioni di vita per tutti gli esseri viventi. Ma quale è oggi la condizione di salute del nostro ecosistema? Non è mia intenzione discutere di cambiamenti climatici, per quelli basta osservare i dati scientifici per capire che negli ultimi anni c’è un incremento della frequenza con cui si ripetono eventi fuori dalla norma. Mi piacerebbe invece fare una riflessione a stretto raggio sul rapporto che oggi abbiamo con l’ambiente che ci circonda e che circonda i nostri paesi. Già parlare di ambiente mi resta difficile, in quanto lo vedo come un appellativo astratto, mentre gli alberi, i prati, i cespugli, i campi, sono elementi veri e propri con cui abbiamo un rapporto diretto. Per me che vengo da un paese di montagna, per me che abito ai piedi di un ripido versante montano ricoperto da una manto di alberi che con il loro colore scandiscono il susseguirsi dei mesi, il rapporto con il bosco è sempre stato vitale e diretto. Mio nonno andava di notte a tagliare due some di legna per sfuggire ai controlli dei forestali, quando ero ragazzo mio padre mi ha sempre portato “alla macchia” per fare la provvista di legna per l’inverno. Quando posso ancora oggi taglio gli alberi necessari per fare la mia catasta per l’inverno. Da giovane guardavo dalla finestra il bosco sul versante della montagna, fissavo un punto e cercavo di raggiungerlo, oppure partivo a piedi e mi inerpicavo attraverso il castagneto, per poi passare all’altitudine dei noccioli, dei carpini e infine superare la fascia dei faggi fino ai pascoli sassosi delle creste. Non so quante ore ho passato in mezzo al bosco, quante foto ho nei miei archivi e quante immagini uniche conservo nella mia mente, e nulla potrà farmi mai dubitare che un giorno questi boschi non ci saranno più. Eppure a sentire le polemiche che si sollevano periodicamente sugli abeti di Natale, sulle alberature delle strade o sull’uso della legna per scaldarsi sembra che la scomparsa degli alberi sia imminente. Come al solito il problema si annida nella superficialità che i nostri frenetici mezzi di comunicazione ci impongono. Chi vive nel bosco sa bene che nelle zone montane, negli ultimi anni esso è in continua espansione, a scapito di prati e pascoli. Gli studi scientifici lo confermano. Chi vive nel bosco sa che la sua coltivazione lo fortifica e non lo indebolisce, che i vari tipi di taglio portano al rinnovamento e alla presenza di piante più giovani e più forti. C’è un detto che dice che “l’ascia ingrassa il bosco”.

funghi porcini

Negli ultimi anni vado spesso nella zona dell’Alto Aterno, e vi invito ad andarci, perché in quelle zone tutte le strade di collegamento tra i piccoli centri abitati si inerpicano su versanti ricoperti di alberi, ma soprattutto in quel territorio noto una forte attività di coltivazione del bosco. Si notano i tagli di appezzamenti che mostrano come la presenza dell’uomo possa creare col giusto intervento le condizioni per una rigenerazione sana e un mantenimento di vegetazione forte e rigogliosa. Passando negli anni successivi al taglio si nota il vigore delle nuove piante che riprendono possesso dell’area, e nel giro di poco tempo si ripristina anche una continuità visiva che sembrava persa. Un po’ come per i nostri paesi, anche per i boschi l’abbandono porta a una popolazione vetusta e debole, fragile e decadente. Non voglio negare l’esistenza del problema della mancanza di verde, ma voglio semplicemente focalizzare l’attenzione che gli alberi mancano dove ce ne sarebbe più bisogno, e cioè nelle città e nelle periferie, nelle zone industriali e in quelle residenziali, dove per anni si è sacrificato il verde in nome della cementificazione, e non possiamo credere che il problema si risolva vincolando oltremodo il verde esistente pur di continuare a recuperare spazi monetizzabili nelle aree più “comode” per lo sviluppo. Lasciamo che chi ha conservato questi boschi per anni continui a farlo. Lasciamo che chi ama il foliage ne possa godere, nella speranza che si accorga che oltre le foglie ci sono i frutti, e soprattutto ci sono delle persone che nei boschi ci vivono. Lasciamo che gli uni con gli altri si incontrino, un po’ come le alghe con i funghi, per creare un sistema condiviso, senza prevaricare gli uni sugli altri. Lasciamo da parte la frenesia dei social e dei titoli di giornale. Lasciamo aperta la porta perché anche il bosco, da cornice dei nostri paesi, possa accogliere e non respingere. Lasciamo che i frutti del bosco, sotto forma di abete, di colore o di arredamento arrivino nelle case delle città, come è sempre stato, e sacrifichiamo qualche mq di asfalto in nome di un albero, magari di ailanto, ma pur sempre un albero.

FUNGO MAJELLA, cinturelli

Questo articolo è stato pubblicato sul periodico I Cinturelli, un progetto editoriale nato nel 2010 da un’idea di Dino Di Vincenzo e Paolo Blasini. I Cinturelli, disponibile online e cartaceo, racconta la storia, la cultura, le tradizioni e le leggende del territorio.

I Cinturelli, il parco della piana