
di Gioia Chiostri
Senza un fato da inseguire, mai il fabbro di realtà si fece artigiano di idee per poterlo sognare. La più bella ruga della Marsica è quella che si scorge dopo il dormiveglia delle sensazioni. Quando la luna appare offuscata dai rigori di una terra calpestata. S’intravvede, nell’ombra, una madre che, con fare sagace, sgrida il pargolo sporto sul davanzale. Allunga lo sguardo, stende le dita, lo vede annegare fra i barlumi di seta, oltre un cielo di vino, oltre un sogno turchino. Poche le stelle. Tante le luci: non è la danza della mente, ma il lume della Chimera che fugge. Sguardi distanti nel Parco Torlonia, ma annodati ad una sola notte, nodo di follia di una giornata di rianimo generale. Il 31 agosto è calato il sipario, ma sicuramente non il ricordo, sulla tre giorni dedita alla Cultura in terra Marsa.
{{*ExtraImg_214940_ArtImgRight_300x192_}}La più bella ruga è quella scalfita dal distacco da una terra amata. E dal proclive ritorno. Da un innamorarsi di nuovo, nonostante i benché e gli anche se. Crearsi un cantuccio fra i miasmi di città, questo è guardare ‘oltre’. Questo è guardare fuori da un dentro che non si respira più armonicamente. Il Parco Arssa in tre sere è tornato a battere il tempo della vita perduta grazie alla musica. Il 31 agosto si è assistito al ‘Concertone’ finale per la ‘Notte della Chimera’, il festival internazionale delle arti che ha debuttato per la prima volta quest’anno in terra avezzanese. Soddisfattissimo il direttore artistico, primo alfiere di bianco vestito, Germano Di Mattia. Suo il palco e la scena per prontezza e cordialità.
{{*ExtraImg_214947_ArtImgRight_300x188_}}L’arte dell’ingegno servita su un palcoscenico. Dalle ore 21 e 30, il verde d’intorno si è riacceso di colori sopiti, come il bianco dell’ingenuità bambina, il blu del tramonto dei malumori e l’arancione del frutto del risultato colto al volo. Concerto aperto da una giovane band musicale, un’orchestra a tutti gli effetti anzi, creata ad hoc per il Festival delle Arti stesso. Ragazzi dal 7 ai 16 anni hanno calpestato il tappeto della scena, esibendosi prima del grande show serale. Ruben Coco, Antonello Ciani, il jazz Manouche, la cantante Francesca Bontempi, solarissima nel buio del silenzio, la canzone popolare romana con l’artista Awisha Gentile. Nando Citarella e il suo viaggio nei suoni e negli odori della musica popolare passata. Suoni di tamburo arcaici nell’ebbrezza di una rievocazione. Il 31 si è dato in pasto al popolo il suo passato. IlCapoluogo.it è sceso a patti con l’arte ed è andato ad intervistare i protagonisti, sia minori che maggiori, della notte stellata appena trascorsa.
{{*ExtraImg_214941_ArtImgRight_300x192_}}Maria Stella (16 anni), Flavia (14), Davide (14) e Leopoldo (13) sono solo alcuni dei nomi dei giovani artisti della Chimera, facenti parte della giovane Orchestra omonima neonata. «Non è la prima volta che ci esibiamo in pubblico, ma, sinceramente, non ci aspettavamo certo di arrivare fin qui. E’ stato il nostro maestro, Francesco Mammola (direttore musicale del Festival Ndr.) che ci ha regalato questa grande opportunità. Il pubblico non ci spaventa, la musica e la sua voce ci danno ogni volta la forza». Maria Stella suona la chitarra, Leopoldo il pianoforte, Davide la fisarmonica e Flavia il mandolino. «Suoniamo all’incirca da due anni soltanto. Stasera daremo spirito a due successi internazionali quali ‘Rondinella’, ‘Midley’ di Dalla, ‘4 marzo’ e ‘Piazza Grande’: una sorta di omaggio a colui che ha, praticamente, dato anche il suo nome ad un’epoca musicale. Noi proveniamo quasi tutti da Pescocostanzo, che è anche il luogo di origine del nostro maestro Mammola, e alcuni anche da Roccaraso. La Marsica ci ha incantati: questo parco naturale è meraviglioso». La musica per questi giovani cuori sembra essere un modo per esprimersi e per comunicare le proprie emozioni provate. Il pensiero non si rende solo sulla carta: le note parlano più di una frase scarabocchiata, a volte.
{{*ExtraImg_214948_ArtImgRight_300x192_}}Due strumenti particolari saltano subito agli occhi: la fisarmonica di Davide, rossastra, quasi più grande di lui e il mandolino di Flavia, una dolcissima ragazzina dagli occhi di giada. «Io mi sono avvicinato a questo strumento – dice il primo – perché ho sempre pensato che per rallegrare una scampagnata bastasse e avanzasse. E’ una specie di simbolo dell’allegria, uno strumento musicale sempreverde ed eterno. Affascinante se suonato nelle corde della musica da discoteca». Flavia, invece, ha cominciato a suonare il mandolino dopo la prematura morte del nonno, avvenuta nel gennaio 2012. «Mi piaceva sentirlo e guardarlo mentre dava, a quel modo, vita alla musica. Pochi giorni dopo la sua morte, quando mia nonna ha cominciato a mettere da parte i suoi effetti personali sparsi per la casa, abbiamo ritrovato il suo mandolino. Una voce interiore mi ha confermato la mia aspirazione: oggi lo suono per lui e per onorare il suo ricordo». Maria Stella ha ‘ereditato’, invece, la passione per la chitarra classica da suo fratello. Il pianista del gruppo, rosso di capelli e di tempra, ha coltivato un interesse paterno. Una giovane chimera intraprendente, che si è cucita addosso le ali dell’entusiasmo. Sguardi futuristici e, in grembo, strumenti di grande responsabilità.
{{*ExtraImg_214942_ArtImgRight_300x402_}}Il maestro della giovane orchestra, composta da 13 elementi che stasera si esibirà in edizione ridotta, contandone di meno per via dell’assenza dei musicisti più piccoli, è anche il timoniere dell’adulta. Lui è Francesco Mammola, ha solo 25 anni – non ancora compiuti – e da un piccolo paesino tradizionale quale Pescocostanzo è approdato a grandi mete, con la sola forza dell’avverarsi, stella dopo stella, di uno sbocciante sogno profumato. «La Notte della Chimera, per me, è un bel punto di arrivo – spiega – e, allo stesso tempo, un bel punto di inizio. Un traguardo alla rovescia. E’ sicuramente molto soddisfacente avere un palcoscenico del genere per sé, con tanto pubblico e tanti estimatori ad un palmo dal naso. Ho avuto modo di suonare con musicisti ed artisti di fama internazionale. E’ da un anno che sto seguendo, orma dopo orma, questo bellissimo progetto ed oggi che è giunto al termine, sento addosso la fatica. Lo scopo è molto semplice, ossia avvicinare quanto più possibile la musica popolare alle nuove generazioni. Canzoni del passato, del nostro fiero Abruzzo, sono state riarrangiate nelle note del funky, del rock, del jazz e dell’hip hop». ‘La mamma di Rosina’ sembra essere il suo cavallo di Troia per entrare nelle grazie degli avezzanesi. Il maestro Mammola la canta da sé, accompagnato dalla sua fida fisarmonica e dall’Orchestra della Chimera ufficiale. «Io suono quattro strumenti differenti, che sono la fisarmonica, il mandolino, il pianoforte e la chitarra. Sono diplomato al Conservatorio ‘Casella’ di L’Aquila in Mandolino e sto, adesso, maturando la specialistica relativa. ‘La mamma di Rosina’ la adoro: è una canzone che fa parte delle pieghe popolari del nostro Abruzzo, ma è, non so perché, meno conosciuta delle altre. Devo dire anche, però, che forse la canzone più simpatica a livello musicale e che toccherà non poco le anime del pubblico è ‘Reginella Campagnola’ in versione rock ‘n’ roll».
{{*ExtraImg_214943_ArtImgRight_300x192_}}Grande debutto nelle vesti di alfiere della tre notti culturale. «E’ la prima volta – dice – che ‘indosso’ i panni del direttore musicale. Per me è, senza dubbio, un grandissimo onore. Le due orchestre, la giovane e l’adulta, saranno da adesso in poi, attive per tutto l’anno. Sono orchestre ufficiali, nate proprio per l’occasione, che immergono le mani nella crisi occupazionale giovanile e ne tirano fuori il coniglio dal cilindro, creando dal nulla opportunità». Perché questo, in fondo, fa la cultura: crea. Opportunamente crea creazioni dal sapore dell’opportunità. Il 17 agosto, la Giovane Orchestra della Chimera si è esibita per la prima volta a Pescocostanzo. «Ha suonato dal ritmo disco a quello classico – specifica Mammola – non ci sono barriere quando si vince onestamente con la propria fantasia. Inoltre, – aggiunge – torno a dire che la Notte della Chimera deve essere un sacro viatico per arrivare più facilmente e meglio alle associazioni degli abruzzesi all’estero, o almeno questo mi prefiggo io stesso. Questo perché sono, ad oggi, circuiti chiusi e fini a sé stessi; auspico che la melodia di una volta, ridestata da arrangiamenti innovativi, possa farli innamorare di nuovo della loro terra».
{{*ExtraImg_214944_ArtImgRight_300x192_}}Un’infanzia intrecciata alla musica per il maestro Mammola. Ha cominciato a battere i primi tasti sul pianoforte alla tenera età di tre anni. Successivamente si è avvicinato alla chitarra, racconta, «per poter suonare semplicemente con gli anziani del mio paese natio, fra i ruderi arborei e le vie stralciate». E poi, il grande passo verso l’amore della sua vita, il mandolino. «Ho sempre pensato – continua – che fosse uno strumento dalle grandi potenzialità: non farlo rinascere e crescerlo all’altezza di strumenti musicali come il pianoforte o la chitarra, mi è sempre parso un grande peccato. Tanti anni fa, c’era, in realtà, una vasta cultura legata al mandolino; era lo strumento del cuore di parecchie regine che si fregiavano anche di avere a portata di mano – o di regno – un maestro personale che glielo insegnasse bonariamente. Oggi, a praticarlo sono in pochi: ma è un amore che ti conquista al primo ‘do’, hanno scritto per lui Vivaldi e lo stesso Mozart. Legandolo poi alla sola canzone napoletana lo si è quasi ‘circuito’. Nel dopoguerra, invece, è avvenuta tout court la sua morte musicale. La musica americana e l’avvento dei Beatles lo hanno stroncato del tutto. La fisarmonica, invece, altra mia grande passione, sta vivendo adesso questo risveglio in chiave disco che appassiona molto. I giovani l’hanno del tutto rivalutata e per fortuna, aggiungerei io». La prossima tappa nel cammino solare di Francesco Mammola sarà la musicoterapia, accostata all’universo dell’arrangiamento.
{{*ExtraImg_214945_ArtImgRight_300x192_}}Conclusioni affidate al presidente dell’Associazione Adsumus Quoque, il dottor Antonio Di Legge. Sua la panoramica sulle tre serate di cultura, in tutti i suoi più offuscati aspetti: «Abbiamo avuto musica classica, da camera, musica popolare, tamburi, zampogne, fisarmoniche, giovani, adulti, attori, registi, splendidi volti e splendide menti, burlesque – con la meravigliosa artista russa Roxy Rose – e alto teatro con Toto e ‘A Livella’ interpretata da Enzo Garramone. Un mix delle spezie umane più prelibate. Mi si chiede un commento finale. Io credo che il commento più bello venga dato da questa notte meravigliosa rischiarata dai sorrisi in platea. Stasera vogliamo dare un messaggio molto semplice: consegnare nelle mani dei marsi il loro patrimonio culturale. ‘La Notte della Chimera’ ha messo, durante queste tre notte, le prime tre radici. Ovviamente ci sono cose che non sono andate per il meglio, come qualche ritardo nell’organizzazione, ma siamo umani ed è naturale sbagliare; l’importante, come dico sempre, è ammettere ciò che non va e raddrizzarlo per il verso giusto. Nel complesso, come inizio, credo sia un buon inizio, assai positivo. Abbiamo fatto il botto, come si suol dire in gergo, con l’esibizione di Nando Citarella e i tamburi del Vesuvio. E’ un artista eccezionale, ma dotato di grandissima umiltà. Un plauso, poi, ai due presentatori poliedrici e versatili quali Germano Di Mattia, il direttore artistico, ed Enzo Garramone: senza la loro assoluta professionalità e il loro carattere sfaccettato, tutto ciò non sarebbe mai stato possibile. Inoltre, abbiamo riscoperto questo Parco verde sensazionale, l’ex Arssa, che io sono solito chiamare la più bella ruga della Marsica intera».
{{*ExtraImg_214946_ArtImgRight_300x192_}}La lacrima dell’uomo avviene per due motivi principali: si può tingere l’occhio di tristezza oppure si può tingere l’anima di voli pindarici affiatati. La Notte della Chimera è stata una rivelazione. Nessun dorma nelle notti a venire, il mito di ieri ha generato figli saggi e sinceri. Il mito di oggi, nato il 29 agosto 2014, genererà figli pionieristici e avventurosi. Non si suona solo per allietare una notte d’agosto. Si suona per far sì che quella notte d’agosto diventi un aneddoto del cuore umano. Senza la voglia di ideare non si corre molto lontano. Il buio medita, la luna mormora, le mani battono, le vene pulsano. E nella testa, in quell’angolo un po’ monotono, dove anni di storia si son consumati nella memoria d’adesso, una mano maestra ha riaccordato le corde stonate. Adesso la Marsica suona all’unisono. Nottetempo, un’idea scrive sé stessa. Si dà un volto, come i personaggi di un racconto. Si dà una bandiera, come i crismi di una credenza. C’era una volta la Notte della Chimera. C’era una volta la notte delle possibilità. C’era, ma quel che è stato nelle notti a venire, come una ninnananna educatrice, fermenterà.
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