Ricostruzione difficile

Ricostruzione cratere 2009 al palo, ditte rinunciano ai cantieri: costi troppo alti

I prezzi aumentano e le ditte edili si ritrovano costrette a rinunciare a cantieri della ricostruzione già aggiudicati. Il blocco della ricostruzione nel cratere 2009 si fa concreto.

I prezzi aumentano e le ditte edili si ritrovano costrette a rinunciare a cantieri della ricostruzione nel cratere 2009 già aggiudicati.

Nel cratere 2009 e sempre più spesso nei paesi dell’area aquilana la ricostruzione è partita più tardi e rischia di non terminare il suo corso.

Complici la burocrazia e l’aumento dei prezzi conseguenti alla situazione internazionale, sono tanti i cantieri che, aggiudicati e anche iniziati, ora sono fermi. Ma non solo: aumentano le ditte che rinunciano a lavori già aggiudicati.
“Ci sono grosse difficoltà nel mantenere le ditte sui nostri territori per portare a termine la ricostruzione” ci spiega Marisa Valeri, sindaco di  Castelvecchio Subequo, comune più grande della Valle Subequana, incluso nel cratere 2009 e alle prese con la ricostruzione.
“Visto l’aumento dei prezzi, sono molte le ditte in difficoltà. E quando parliamo di prezzi, non parliamo di rifiniture, ma proprio dei materiali essenziali per costruire: il ferro su tutti. Quindi rischiamo davvero che, se non si metterà mano in maniera seria al prezziario, si fermi tutto”.

cratere 2009

Un appello lanciato anche dal presidente della Prima Commissione Bilancio Livio Vittorini: “Centinaia di aziende sono a rischio chiusura. L’auspicio  è che il governo intervenga urgentemente, come fatto per il terremoto del Centro Italia che coinvolge anche L’Aquila e l’Abruzzo, per comparare i costi della ricostruzione privata post sisma 2009 agli attuali valori di mercato prevedendo uno strumento efficace, valido per gli interventi dentro e fuori i centri storici cittadini ed applicabile non solo ai lavori non ancora partiti, ovvero a quelli in corso, ma anche a tutti gli stati avanzamento lavori presentati dalle imprese, anche se già liquidati, a far data almeno dal primo gennaio del 2021 che ovviamente hanno risentito del caro prezzi già in atto”.

Ma per molte aziende, il problema deriva anche da una stortura tutta burocratica che fa viaggiare su un doppio binario la ricostruzione all’Aquila e nei comuni del cratere.

Tra le tante discrepanze relative alle regole della ricostruzione, c’è quella dell’ultimo SAL. A L’Aquila, quando un’impresa completa la ricostruzione di un immobile, il Comune tiene a garanzia l’ultimo 10% dell’importo complessivo, che sbloccherà solo al termine delle verifiche del caso e del via libera definitivo degli uffici preposti. L’impresa, però, pur sostenendo dei costi, può sbloccare subito quel rimanente 10%, presentando una polizza fideiussoria, a garanzia del fatto che eventuali criticità che si dovessero riscontrare in fase di controlli, sono coperte dall’assicurazione.

Non è così, invece, per i comuni del cratere, con le aziende della ricostruzione che partono svantaggiate già dal fatto che la percentuale vincolata dell’ultimo SAL sale dal 10% dell’Aquila al 15% dei comuni del cratere. Ma non basta: le ditte che operano nei piccoli paesi non hanno nemmeno la facoltà di presentare la polizza fideiussoria per sbloccare i pagamenti. Parliamo di cifre consistenti, calcolando il 15% su appalti da milioni di euro. Le imprese si ritrovano così con liquidità bloccate per circa un anno, un anno e mezzo, tempistiche assurde per l’imprenditoria. D’altra parte sono tempistiche che le aziende non possono velocizzare in alcun modo, essendo appannaggio stretto degli uffici pubblici: istruttorie, documentazioni, certificazioni non di competenza delle imprese, ma che sono fondamentali per il nulla osta finale e lo sblocco dei fondi.

“A causa di queste disparità – sottolineano Flaviano Montebello e Dario Buccella di CasArtigiani – i nostri bellissimi borghi stentano a ripartire. Questo è un momento cruciale per i territori interni, non possiamo permetterci ulteriori ritardi. Turismo, indotto, artigianato, possono essere valorizzati dalla riscoperta dei territori, che però non si possono presentare come se non fossero passati 13 anni dal sisma e questo purtroppo lo si deve a una regolamentazione a doppio binario che danneggia i borghi. Senza contare che tutto ciò rappresenta un ulteriore colpo alle imprese minori che operano nel cratere. Non tutti possono permettersi di avere bloccato un 15% per un anno o un anno e mezzo. È evidente che poi le stesse imprese abbandonino i territori dove non è sostenibile lavorare.

 

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