Salute

Fegato grasso: non tutto è perduto!

Con la nutrizionista Simona Di Pirro andiamo alla scoperta della steatosi epatica non alcolica, anche conosciuta come fegato grasso.

Steatosi epatica non alcolica (NAFLD) o fegato grasso: un percorso che si può invertire!

La steatosi epatica non alcolica (NAFLD) è una condizione benigna a carico del fegato. Questa patologia si differenzia dalla più severa condizione della steatoepatite non alcolica (NASH) per il fatto che è rappresentata dall’infiltrazione di grasso nel fegato, ma senza lipotossicità e danno infiammatorio alle cellule epatiche (gli epatociti). La presenza di una sindrome metabolica (obesità, ipertensione, resistenza insulinica, diabete, ipertrigliceridemia, grasso viscerale) aumenta la probabilità che la diagnosi si indirizzi verso una NASH. Il problema maggiore è che spesso i pazienti sono asintomatici e queste patologie vengono quindi trascurate per molto tempo.

Scopriamo cosa succede più da vicino…
Le cause del fegato grasso possono essere molte e possono interessare processi biochimici complessi, quindi, anche i danni a carico del fegato possono essere differenti. L’eccesso di zuccheri e grassi (cause in comune con obesità, diabete ecc.) si accumula nel fegato sottoforma di acidi grassi che danneggiano le centrali elettriche delle cellule, i mitocondri. Il fegato, nel tentativo di proteggere le proprie cellule, accumula gli acidi grassi sotto forma di gocce di trigliceridi, grassi appunto! Se l’apporto di acidi grassi continua nel tempo, questa strategia non è più sufficiente ed il fegato va incontro ad infiammazione e fibrosi cioè si sviluppa una NASH che può evolvere in cirrosi epatica ed infine in epatocarcinoma.

Rispondiamo ora ai dubbi dei nostri lettori:

1) Il fegato grasso riguarda solo le persone in sovrappeso?
No. In alcuni casi si può verificare una steatosi epatica anche in persone magre perché anche in questi pazienti si può verificare un accumulo di grasso viscerale pur mantenendo il peso nel range di normalità indicato nelle linee guida (BMI < 25). Paradossalmente ci possono essere pazienti obesi, evidentemente fuori range, il cui grasso viscerale non provoca molti danni a livello epatico.

2) Quanto è importante l’accumulo di grasso sulla “pancia”?
Il grasso accumulato nella zona addominale è importante sia nella quantità che nella qualità. Il grasso viscerale è un tessuto attivo che non serve solo come deposito di grasso, ma è capace di secernere ormoni come leptina ed adiponectina oltre a varie citochine, molecole infiammatorie.

3) La genetica c’entra qualcosa?
Sì, la genetica può essere favorevole oppure no. La ricerca si sta dedicando ad isolare sia geni che risultano protettivi rispetto al danno epatico sia geni che sono responsabili dell’aggravamento del quadro patologico con lo scopo di studiare i meccanismi che essi governano e poter in futuro utilizzarli a nostro vantaggio. Non possiamo inoltre dimenticare che alcune malattie genetiche possono causare steatosi epatica.

4) Come si cura il fegato grasso?
La risposta è semplice: dieta e attività fisica!
Un nutrizionista esperto di questa patologia proporrà un percorso alimentare adeguato ad una perdita di peso non troppo repentina. Infatti, perdere troppo velocemente peso, potrebbe essere controproducente per la salute del fegato stesso. Ricordiamo che la maggior parte dei tossici vengono stoccati proprio nel tessuto adiposo e vengono mobilizzati nel momento del dimagrimento andando ad intossicare proprio l’organo che vogliamo aiutare. Di fondamentale importanza, quindi è il monitoraggio del calo ponderale e dei parametri antropometrici per la valutazione da parte del nutrizionista dell’introduzione di un protocollo integrativo a sostegno degli organi emuntori. Lo stile di vita più attivo è sempre un alleato in tutte le strategie di benessere.

La prevenzione della steatosi epatica è fondamentale ed una semplice ecografia può indicare al medico una situazione da attenzionare o da correggere.
Molto spesso il giusto approccio alimentare studiato e monitorato dal nutrizionista abbinato ad un corretto stile di vita, può essere risolutivo.

Simona Di Pirro
La Dott.ssa Simona Di Pirro, Biologa Nutrizionista, è ospite de “Il Capoluogo” con una sua rubrica quindicinale. Potete suggerire temi o fare delle domande scrivendo alla redazione del Capoluogo. La dottoressa Di Pirro è laureata presso l’Università degli Studi dell’Aquila in Biologia della Salute e Nutrizione con lode, ha frequentato la scuola di alta formazione in Micoterapia (utilizzo dei funghi medicinali) presso l’Università di Padova e la scuola di alta formazione in Microbiota umano in collaborazione con l’Università di Pavia. È inoltre consulente per l’igiene degli alimenti e gestione del sistema HACCP.
La dottoressa propone ai suoi pazienti un approccio nutrizionale basato sulla medicina funzionale presso i suoi studi dell’Aquila e di Avezzano.
Questi invece i suoi riferimenti social:
-pagina facebook: Dott.ssa Simona Di Pirro Biologa Nutrizionista
-instagram: simonadipirronutrizionista
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